C'era una volta un nuovo genere, c'erano Get Physical, Border Community, Cocoon, Traum Schallplatten, Klang, Force Tracks, Poker Flat.. etichette il cui obiettivo fu chiaro sin da subito: qualità, qualità e ancora qualità. Un modo di concepire la techno che mette in mezzo i tempi dell'house, i ritmi della minimal-techno e i suoni dell'idm più mentale, facendolo senza mai rinunciare a virtù quali creatività, sperimentazione, personalità. Qualcuno la chiamò tech-house, termine alle volte calzante, altre decisamente meno (è il caso dei recensiti). Tantissima la gente che opera in particolar modo in Germania tra il 2003 e il 2007, chi più orientato sulla techno e chi sull'house, tirando fuori una manciata di dischi che sono già classici: Mandy vs Booka Shade, D.Eulberg, J. Holden, Nathan Fake, Trentemøller, Fairmont, Elektrochemie, Minilogue, Efdemin, Isolée, Roman Flügel. C'era una volta proprio perchè il movimento, una volta preso piede altrove, Italia inclusa, ha generato una serie di cloni imbarazzanti, tutti in cerca di soldi facili, appiattimento totale, produzioni senza ombra alcuna di quella che definiamo sopra come qualità, portando talvolta gli stessi che avevano iniziato la realtà a riciclarsi e banalizzarsi per dischi, se non anni. Qualche anno dopo la tech-house, o presunta tale, farà largo al revival della minimal-techno di stampo m-nus - processo per'altro già anticipato dal sempre più minimalizzarsi delle ultime produzioni tech -, generando un pò lo stesso procedimento, genere che esce dalla nicchia per diventare moda, discoteche che di botto propongono 'la minimale', etichette digitali che stampano ogni stronzo possibile, etichette vinile che vedono la qualità/quantità della loro proposta diminuire a dismisura, mercato inondato e, cosa peggiore, un immaginario che porta il genere a 'fashion thing', spacciando per house quello che nella maggiorparte dei casi altro non è che techno, parolina, questa, che vende decisamente meno, poco pulita, poco modaiola.
E' una premessa necessaria per ricordare quello che invece è uno dei progetti più illesi, continui e interessanti di tale scena, Extrawelt, visionario duo tedesco fonte di grandi trip e di ep ormai consegnati alla storia. Sebbene anch'essi non proprio infallibilli (attualmente in caduta libera) nel 2008 tirano però fuori un disco clamoroso, ispirato, originale, incatalogabile, passato anche abbastanza inosservato rispetto a gente oltre la quale l'ottima proposta musicale aggiungeva uno stucchevole fattore marketing/immagine non di poco conto (vogliamo mettere queste due facce anonime a confronto con questo faccino da copertina che fa tanto terzo Gallagher?); parliamo del primo e fino ad ora unico album "Schöne Neue Extrawelt".
L'arte di Arne Schauffhausen e Wayan Raab si distingue per una personalità musicale non di poco conto, un approccio alla melodia e all'arrangiamento particolarissimo, che si rifà fortissimamente al background dei due (già navigati come producers psy-trance), un melting-pot di citazioni pesanti che spaziano da Detroit all'electro, passando per IDM, ambient, grossi echi della stessa psy proposta dai due con gli aka Midi Miliz / Spirallianz) e ovviamente la techno, solida base dove porre il tutto, nonchè territorio principale dell'album, che è bene chiarirlo di house non ha proprio nulla essendo gli Extrawelt, all'inverso di quello che potrebbe essere un Isolée, il lato più tech della cosiddetta tech-house - in molti casi termine 'ombrello' e tutt'altro che chiaro -.
Il disco è eccezionale e non lesina di ricordare a più riprese quelli che furono i due ep capolavoro "Schmedding 8000" e "Soopertrack / Zu Fuss" (autentici sell-out nonchè dischi di una bellezza disarmante), quindi preferendo spesso e volentieri atmosfera e melodia alla cassa, guardando indistintamente a corpi e menti (proprio come accadeva su "Zu Fuss", sicuramente il loro brano più noto, anche per la maestosa, cosmica, burialistica e aliena versione ambient) o riprendendo le strutture progressive della statuaria "8000" e quelle formali/strutturali della meno cerebrale "Doch Doch", quindi bassi pulsanti con linee elaborate e rotonde, casse slappate, arrangiamenti ricchi, curati e viaggiosi. Questo credo basti a capire con che genere di disco abbiamo a che fare, un disco prima di tutto autoreferenziale (e non è affatto male visto a cosa si ci riferisce), fatto di brani lunghi, progressioni lente e misurate, microsuoni geometrici, occhiolini alla minimal-techno e una buona dose di melodia, ma non una melodia banale e prevedibile, bensì una melodia assolutamente formato psy/tech-trance (che i due conoscono bene), più 'sospesa nel vuoto', talvolta distante e impercettibile, un modo di porsi che richiama alla berlin school di Schulze cosi come all'ambient-techno inglese dei primi novanta.
Gli Extrawelt sanno quello che vogliono e lo ottengono: creare un trip dove trasportare l'ascoltatore, tra fredda tecnologia e caldo tocco umano, tra futuro e psichedelia: da un lato tappeti tenui ed evocativi con un pizzico di tocco a-là Boards of Canada, dall'altro la cassa e un pullulare di ritmi inquieti e microsuoni mai invadenti, un contorno di prestigio, che più che fornire 'tiro' alle tracce sembra quasi volesse toglierlo, 'ammorbidendo' il tutto, preferendo sempre l'approccio più spettrale possibile a quello legnoso. I due quando vogliono sanno spingere, ma qui si guarda in primis al concetto di album, dove volente o non volente devi pur sempre dire qualcosa. E questo qualcosa qui è un viaggio verso lidi fantastici, terzi mondi alienoidi ("One Tree Hill", roba dell'altro mondo, "Must Attack" e "Added Planet", dalle chiare reminescenze electro con tanto di vocoder), paure ("Dark Side of My Room" profonda e notturna, "Trummerfeld" urbana e paranoica), allucinazioni ("Wippsteert" e "Wolkfenbruch" deepness subliminale nel senso più puro del termine, "Lost in Willaura" un basso che perfora le ossa) e grigie visioni futuristiche ("Daten Raten" sorta di orgia tra Monolake e Plastikman, "Homing", uno sguardo alla Detroit più disincantata).
Poi finisce il disco e ti accorgi che non hai idea di cosa hai appena ascoltato. E' minimal-techno? E' psy-trance rallentata? IDM in 4/4? Se è tech-house perchè i bassi sembrano quelli dei dischi electro mentre i synth son roba dub? Originalità, sound singolare ma anche sperimentazione, che non manca affatto, maestria assoluta nella creazione di tutto il 'fondale' che regolarmente accompagna il tutto (un trionfo di microritmi, micropiatti e microrifiniture che manco i nerdoni dell'idiemme, texture horroristiche e frequenze anguste che ricordano quanto fatto col progetto Downhill) ["Silent City"], bassline galattiche quanto mai di matrice Moog, ora devastanti ora incredibilmente sinuose e leggiadre, con più di un invito a muovere il culo (il treno "Messy Machinery" è l'unica traccia a spezzare leggermente il mood viaggio del lavoro, e lo fa egregiamente mostrando un tiro unico).
"Schöne Neue Extrawelt" rientra fisso tra i migliori album del decennio appena andato, un disco che prima ancora di mostrare il talento di questi due personaggi chiave nei recenti sviluppi del suono techno, e tra le sorprese più rimarchevoli dei duemila, è un autentico viaggio, come se ne sono sentiti realmente pochi. La lunga durata e gli sviluppi interminabili delle tracce potrà forse scoraggiare ad un primo approccio, ma è un ostacolo che vale la pena sorpassare. Fatelo vostro senza esitazioni. Fantastico. Monumentale.
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