Cinti Fabio.
Volgarmente detto Fabio Cinti.

Sinceramente non ho la più pallida idea di chi sia costui o se in precedenza abbia eventualmente inciso qualcosa di significativo.

La discrepanza anagrafica tra noi non aiuta: chiaramente io sono quello molto più giovane.

Quel che mi interessa capire è se questo cosiddetto "Adattamento Gentile" sia da intendersi come un calligrafico omaggio al maestro catanese o magari si tratti di un disco minore ma degno di attenzione oppure solo una inutile carnevalata fuori tempo massimo.

O magari tutte e tre contemporaneamente.

Da giorni-e-giorni l'ho messo in evi rotescion: non ho ancora deciso se lo spirito free-jazz-punk-inglese riesca a prevalere sui cori russi.

Quel poco che so è che il disco da cui prende spunto è (resta) uno dei dischi Pop itagliani più intelligenti e trasversali del millennio scorso e non c'è dubbio che occorra una discreta dose di fègato-di-merluzzo (o di scellerata incoscienza) nel confrontarsi con un'opera di tale magniloquenza: il rischio di venirne fuori con le ossicine frantumate risulta moderatamente elevato.

Il barbuto Fabio pare fronteggiare la sfida con presupposti chiari: fuori dagli zebedei chitarre, tastiere e percussioni che fungevano da architrave del vinile dell'inizio degli anni ottanta, dentro un armamentario strumentale prettamente cameristico-classico: due violini, una viola, pianoforte e violoncello.

La tattica d'assalto mi trova concorde: di questi tempi mi pare ci sia fin troppo inutile rumore e questa opzione ecologica è una strategia dotata di senno oltreché di senso.

La morfologia dei brani resta sostanzialmente immutata e anche la voce del Cinti non risulta troppo dissimile da quella afonisticamente inimitabile del musicista siciliano.

Non si percepisce alcun inutile vezzo esecutivo da parte dell'ensemble che anzi sembra lavorare per sottrazione e limatura rielaborando le ondivaghe atmosfere originali con una limpidezza mirabile, raggiungendo senza sforzo quell'immateriale "Centro di Gravità Permanente" posizionato tra le meccaniche celesti verso il quale siam tutti attratti.

Poggiando la puntina sul vinile si resta quasi sconcertati nel sentire un disco di Battiato-senza-Battiato - come suggerisce la stessa copertina - ma quel senso di iniziale smarrimento, come ci trovassimo soli in una deserta spiaggia tropicale, presto viene sostituito dal piacere intatto dell'ascolto, anche in virtù del fatto ché la materia prima utilizzata risulta, oggi come allora, di primissimo livello.

Insomma ho la sensazione che Franco possa ritenersi soddisfatto da questo suo sentimentalmente nuevo vecchio album considerato che sono ben percepibili copiosi, pulsanti, magnetici "Segnali Di Vita" nelle case all'imbrunire di caratura tutt'altro che trascurabile.

Carico i commenti...  con calma