Egregio Fabio Manuel,

non ho il piacere di conoscerLa. Lei neanche.

Non saprei con esattezza quale sia la sua esatta estrazione geografica o il suo insulare retroterra socio-culturale ma avrei come la vaga impressione che Ella mi sia sardo: non mi sfugge nulla, eh!

Son qua a dirLe, rispettosamente, che avrebbe reso felici noi aldiquà dello schermo cinematografico che questo Suo primo lungometraggio (altresì detto film) incarnasse qualcosa di cui non dico obbligatoriamente restare ammaliati, ma che fosse perlomeno in grado di intrigare chi ha avuto la pazienza di soffermarcisivisi per quelle quasi due ore.

Mi lasci sottolineare che la fotografia è sinceramente bellissima e Lei ha avuto l'accortezza di dirigere il proprio sguardo verso quelle significative porzioni di scenario e quei precisi angoli di arcigna insula; insomma la qualità intrinseca delle immagini lascia piacevolmente colpiti. E’ anche vero che gli agresti paesaggi che fanno da sfondo alle mortifere vicende dei protagonisti (en passant: un pochino eccessivi i rallenty alla cactus di segugio) sono di per sé magnetici indi non è che abbisognasse essere il nuovo Kubrick (non quello del cubo) per catturarne la grezza beltade.

Peraltro ho trovato filologicamente appropriato l'uso esclusivo della lingua sarda da parte degli interpreti, con relativi sottotitoli in italico ad uso del potenziale pubblico "continentale".

Ma addentriamoci: dopo il primo quarto d’ora (non accademico) di visione inzia a prendere forma un lieve problemino, caro Fabio Manuel: la netta percezione della assenza di qualsivoglia solida struttura/sceneggiatura che funga da architrave ai truci ammazzamenti incrociati e ripetuti senza soluzione di continuità tra pascoli e ovili: la insussistenza psicologica dei Bandidos (e dei Balentes) in esso rappresentati non agevola il fruitore. In ultimo i dialoghi: quando ci sono, risultano - ad esser buoni - banali e modestamente incisivi.

E la "colpa", o forse quello che avrebbe potuto essere un merito, non è attribuibile al fatto che gli attori siano quasi tutti "non professionisti" poco adusi allo stazionare davanti all'obiettivo della macchina da presa o che tra di essi ci sia anche quel Luca Locci che alla fine degli anni settanta, alla tenerà età di 7 anni, è stato davvero "ospite" della Anonima per svariate settimane.

Non è questo il punto.

Il fatto è che nonostante io cerchi di capire quanto lavoro ci sia dietro un opera del genere, alla fine della fiera la sensazione palpabile è che si tratti di un'occasione sfruttata in malo modo, considerato oltretutto il tema portante sul quale il film è (o sarebbe) incentrato, la cosiddetta "Bàlentia" e la fèrale piaga banditesca che ha attanagliato in maniera truce e sanguinosa l'isola per svariati decenni, non è che in precedenza sia stata rappresentata in modo memorabile e/o significativa: penso solo a quanto sarebbe stato intrigante sviluppare queste dinamiche in maniera maggiormente strutturata e adeguata.

Fabio Manuel, che dire, magari sarà per la prossima.

Ma kust'orta non ci seusu. Mancu pagu pagu.

Nota poco nota:

La DeRecensa è a solo uso e lettura dei DeSardi (e, per estensione, degli abitanti dei territori di Bozen e provincia) del DeBasio che hanno sentito parlare, all’interno dei patrii quotidiani e notiziari radio-televisivi, dell’uscita di cotanto “capolavoro” della nouvelle vogue del cinema isolano.

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