L’analisi di questa canzone ci pone di fronte ad un problema molto importante, quello che riguarda la costituzione vigente nello stato ultra-indipendente dell’hip hop italiano. Una questione da troppo tempo basata, quasi solo ed esclusivamente, sulla avversione nei confronti della musica commerciale, sul disprezzo dei mezzi di diffusione musicale di massa, sulla propria presunta fedeltà all’underground, cosa che si configura come segno di distinzione assolutizzato a livelli esasperati. Talmente esasperati che talora il confine tra alternativismo e snobbismo appare veramente labile. Il carattere elitario di certi ambienti dell’underground è davvero poco tollerabile. Ed è per questo che approveremmo Fabri Fibra…per aver avuto l’intuizione di rompere una barriera creata e incrementata sempre più nel corso del tempo, che ha impedito all’hip hop italiano di essere apprezzato per la sua ricchezza e profondità di contenuti.
Ma la rivoluzione, il cosiddetto ‘tradimento’ di Fibra, è solo una falsa rivoluzione…è più che altro un’operazione commerciale nel senso più stretto, che sa di incoerenza e di opportunismo. La sua uscita su major avrebbe potuto davvero giovare all’hip hop italiano, rappresentato da troppo tempo, da gente che con l’hip hop non c’entra affatto. Ma Fibra ha preferito piegarsi alle logiche da major…per cui il risultato è una canzone mediocre, nel cui testo cerca forse una giustificazione al fatto che si è venduto al sistema…giustificazione che non sarebbe necessaria. Secondo il principio di Anthony De Curtis, direttore del Rolling Stone americano, “nessuno forma un gruppo per rimanere nell’anonimato”…. L’unica giustificazione necessaria sarebbe quella al fatto che si è venduto nel peggiore dei modi, secondo la normale prassi della mercificazione discografica.
La base, prodotta da Fish (ex Sottotono), assimilabile a quanta r’n b spazzatura ci travolge ogni giorno, è tra l’altro infarcita di risatine e versacci come di chi vuole farti divertire ad ogni costo…o piuttosto…prenderti in giro. In compenso, ciò la potrebbe candidare a tormentone dell’estate 2006 o quantomeno, a pezzo più suonato nei club (magari con appositi rmx che l’amico Fish avrà sicuramente già pronti). Dal punto di vista metrico, abbiamo un elenco di rime(?) banali, su di un testo più cantato che rappato, che parlando in termini di linguistica, ci propone il meglio (?) dello slang giovanile, innestato con labor limae, su una composizione costruita con la sapiente arte di chi sa cosa i ragazzini (minorenni) vogliono ascoltare…compreso l’avvertimento via radio.
Dal punto di vista contenutistico, il non-sense testo lascia intravedere una specie di auto-presentazione di Fibra, dove ci racconta il suo percorso…dall’infanzia disagiata al successo da classifica senza mai una strada da seguire in qualche modo…e per di più, specifica la sua sigla…appunto ‘doppia F’. Non manca una sottile polemica musicale…quella che Fibra rivolge alla sua ex etichetta, la Vibra Records (colpevole, secondo la leggenda, di devolvere il ricavato della vendita dei cd di Fbra, quasi esclusivamente a se stessa, riservandone una piccolissima percentuale al diretto interessato)…e soprattutto, a tutti i puritani del casto hardcore hip hop italiano, di cui sopra. In poco più di tre minuti di delirio rimato tra ‘sfiga’ e ‘fibra’, e tra ‘raga’ e ‘strada’, Fibra ha sprecato la preziosa occasione di far conoscere e apprezzare l’hip hop nella sua dignità di genere musicale…e dopo Mondo Marcio, Cor Veleno, 0131 e quanti in futuro, saranno sfornati dalle major, abbiamo forse il dubbio che questa cultura non sarà mai percepita veramente nella sua essenza…almeno stando a quello che ci viene proposto. Ma se davvero avete voglia di squarciare il velo del fenomeno…spegnete le televisione, spegnete la radio…e cercate nelle strade…
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