L'antico dilemma tra il credere ed il non credere, seguire ciecamente etermi miti o defilarsi comodamente, pone l'uomo davanti a due grandi temi: la grandezza dell'Universo, la miserrima natura dell'Uomo.

L'Uomo (appositamente analizzato con la lettera iniziale maiuscola, tanto da renderlo il più filosofico possibile) viaggia fra i membri e i lembi di una piattissima esistenza, che potrebbe anche essere maestosa, se solo riuscisse a conciliare Presente e Futuro. L'Universo intanto gira, tra milioni di pianeti e buchi neri di proporzioni epice, tra una fase lunare ed un principio di conservazione ectoplasmatica, passano da Egli miti e confini forse troppo labili. O forse troppo complessi per la natura umana.

Ci salvano la vita emozioni e virtù, ma anche quei difetti che tanto disprezziamo. Di difetti si nasce, di vizi si muore. E ci rifugiamo in nascondigli segreti, in pertugi folli, che forse fino a poco prima disprezzavamo (o, più semplicemente, non conoscevamo). Qualcuno è molto meno complesso, apre un libro o sente un pentagramma volare alto sopra il cielo. Certo non lo ascolta, al limite lo sente. Distrattamente, e se prova a capirne qualcosa di più ne finisce affogato dentro. Nella melma, che è melma d'oro: ma è pur sempre melma.

E pensare che ci basterebbe un gesto, una parola, magari una poesia. Perchè a volte, a salvarci l'esistenza, sono proprio i poeti, poi che siano Sommi o Brocchi (sempre filosoficamente parlando, la disciplina sportiva qui non c'entra) non importa. Baudelaire, Verlaine, Carducci, i poeti dell'infinito, dei libri di scuola, dei nostri più cupi pensieri. Inutile dunque parlarvi di Fabrizio De André, uno che sta nell'Olimpo della musica, ma non viene nemmeno menzionato su un misero libro di scuola (benedetti studi! benedetta riforma scolastica!). Uno di quei poeti, anzi, una di quelle persone (dunque Uomo) che sapeva allinearsi all'Universo, uno che andava al di là di qualsiasi ragionamento pleonastico, uno che sapeva conciliare Presente e Futuro, uno che distingueva i confini della grandezza divina. Personaggio disperato nella propria lucida intelligenza: viaggiava di qua e di là tra eterne sospensioni spazio-temporali e analizzava la società senza fronzoli o piccole manie poetiche. Un poeta allineato col tempo, capace di distinguere tra Bene e Male, Vero e Falso e poi sputarcelo in faccia, con tutta la rabbia e l'amore (ed un sottile dolore tipico dei poeti): tanto che, come tutti i grandi, seppe dirci, sul finire del millennio e del secolo, come salvarci l'anima. O meglio, che la nostra anima tanto al sicuro non era. Lui era un anima salva, noi non eravamo, e non siamo mai stati, "Anime salve".

Perchè fuori dal tempo, nei territori inesplorati del Creato che solo i poeti sanno attraversare con estrema lucidità abitano, vivono ed albergano personaggi laidi e subdoli, meravigliosi e portentosi, atipici ma non stereotipati: c'è un uomo, ora donna, dai contorni essenziali e maledetti, si fa chiamare "Princesa" e capta gli umori del mondo. Cambia la società (il nostro modo di vedere le cose, dunque) perchè proviene dall'Universo, e non è un Uomo, è un essere superiore. Come le cosiddette vite misere degli zingari, che "a forza di essere vento" diventano enormi, più giganti di noi, più borghesi dei borghesi, più normali dei normali. Universi paralleli che noi Uomini non possiamo capire: la nostra miseria è proporzionale alla beltà Umanoide trasfigurata nei poeti. Tanto che noi, omuncoli, non sappiamo nemmeno pregare. O meglio, crediamo di saperlo fare. Mani giunte ad invocare una santissima pietà (e si torna al principio: credere o non credere) per poi vederci marcire nelle fiamme di un Inferno Metropolitano, in cui Monsieur El Diablo prende forme e stili di un pezzo di ferraglia sotto il terreno. Perchè noi crediamo che l'Universo ascolti le nostre suppliche, ma l'Universo ascolta solo le "Smisurate preghiere".

E noi, con tutto l'amore e la buona volontà, non potremmo mai essere smisurati: siamo Uomini, ergo, siamo Normali. Anzi, Normalissimi.

Carico i commenti...  con calma