Come tutti i veri malati di "deandrenite" il disco è uscito e in quel preciso istante era già nelle mie mani. Presagivo che rappresentava l'ultima occasione di emozionarsi con qualcosa di inedito del compianto De André e questo mi rattristava non poco, infondendomi nel frattempo alte aspettative. Aspettative deluse fin dalla copertina e dai suoi colori rosso e nero malamente combinati assieme.

Un disco sputato sul mercato discografico dall'incuria di non so chi e non voglio credere possa centrare la Fondazione De André, che avrebbe, me lo auguro, tutt'altro compito. “In concerto volume II” vorrebbe rappresentare la continuazione e l'epilogo del precedente “In concerto”, uscito anch'esso postumo, ma supportato dell'approvazione dello stesso De André, almeno per quel che concerne la scelta dei brani in scaletta; non di certo per la veste grafica ed il relativo libretto allegato, ma questa è un'altra storia.

In questo caso il disco non consola nemmeno l'ascolto: applausi scroscianti e fruscianti compaiono inaspettatamente e con artificioso impatto alla fine di ogni canzone, quasi a testimoniare la perizia utilizzata nella tecnica di sovraincisione. Inoltre i brani scelti hanno un ordine che esula da come De André programmava la sua sfilata di capolavori e per sottolineare questo ennesimo artificio si è pensato bene di inserire due canzoni prese dal bellissimo disco “1991 concerti” che sono “Don Raffaè” e “La domenica delle salme” e che nulla hanno a che vedere con la tournée che questo lavoro vorrebbe, o meglio dovrebbe, documentare.

Insomma un disco composto senza amore, proprio per rappresentare colui che “metteva l'amore sopra ogni cosa...”

Che dire!? Dalla rabbia ho fumato una manciata di sigarette... e poi dicono che la musica faccia bene alla salute...

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