Storie. Nove storie per essere precisi. Il poeta Fabrizio De Andrè incontra Edgar Lee Masters e il disco "Non Al Denaro Non All'amore Nè Al Cielo" è il frutto di questo incontro letterario. De Andrè legge per la prima volta L'antologia Di Spoon River a diciotto anni circa, poi la riprende due anni prima di pubblicare questo disco ed estrapola nove storie che diverranno poi delle vere e proprio opere d'arte, il manifesto dell'arte poetica e cantastoriale (si dice così?) di Fabrizio.
Le nove poesie adattate ai giorni nostri toccano due temi: l'invidia (Un matto, Un giudice, Un blasfemo, Un malato di cuore) e la scienza (Un medico, Un chimico, Un ottico). I protagonisti di queste storie parlano con estrema sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare, ora che sono morti non possono essere più invidiosi, non possono più essere competitivi. Così parlano con quella sincerità, con quella chiarezza che da vivi non hai mai posseduto. Da notare che qui tutti i protagonisti hanno nomi generici per sottolineare che le storie di questi personaggi sono esempi di comportamenti umani che si ritrovano benissimo in ogni epoca e in ogni luogo della terra, in ogni città e in ogni contesto sociale. L'unico personaggio ad avere un nome è "Il Suonatore Jones" forse perchè Fabrizio si sentiva molto vicino a questo personaggio che suonava non per lavoro ma per puro piacere, era quindi un personaggio libero che non aveva preoccupazioni e che "non volgeva il pensiero non al denaro non all'amore nè al cielo". Abbiamo quindi "Un Blasfemo” che, come Adamo ed Eva, cerca la mela della conoscenza non più in mano a Dio ma al potere poliziesco del sistema, per il quale il paradiso è solo un mondo di sogni in cui rinchiudersi per non vedere la realtà, c'è "Un Matto”, che per invidia studia la Treccani a memoria e viene rinchiuso in un manicomio, perché ne sapeva troppo o forse perché era impazzito, o comunque perché alla gente faceva comodo chiamarlo scemo, scaricando su di lui le proprie frustrazioni. "Un Giudice" rappresenta poi l’amaro frutto della maldicenza che “batte la lingua sul tamburo” condannando l’uomo piccolo di statura ad un isolamento rancoroso e vendicativo, destinato a sfociare poi in una individualistica manipolazione del potere a servizio della propria personale rivalsa. Abbiamo "Un Medico" che voleva curare gratis i suoi malati, trasgredendo le regole del sistema, che di quella trasgressione si vendica imprigionandolo; "Un Malato Di Cuore" che, nonostante le sue condizioni lo spingano più di altri ad invidiare la spensieratezza altrui, riesce comunque a sconfiggere con l’amore la molla che fa scattare la competizione. Muore in un incontro d’amore, regalando un sorriso e un bacio ad uno sguardo a cui non chiese promesse o ricompense, solo la gioia dell’ultimo istante, dell’ultimo “fiore non colto” ma infinitamente accarezzato ed assaporato.
Queste sono sono alcune delle piccole storie che vale la pena andare a reperire, anche perchè qui c'è tutto De André, quello triste, malinconico, ma anche il Fabrizio che usa l'ironia. Le musiche, tanto per cambiare sono molto coinvolgenti, basti ascoltare i primi 54 secondi de "La Collina" per essere trasportati in un'altra dimensione, le musiche sono cariche di pathos e coinvolgono l'ascoltatore anche quando sono molto semplici. La musica si fa più solare in brani come "Un Matto", "Un Chimico", "Un Ottico", mentre è molto malinconica in canzoni come "Un Blasfemo" "Un Malato Di Cuore" "Il Suonatore Jones". Un disco da possedere per forza perché De André merita sicuramente, perché le parole non bastano a definire il Fabrizio De André uomo, cantautore e poeta. Andatevi ad ascoltare le sue opere intrise di malinconia e di una poeticità immensa. Altre parole non servono.
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