Come è semplice intuire Nine è il nono disco pubblicato dai Fairport Convention nell’ottobre del 1973.

Il disco presenta nove tracce rimasterizzate su cd nel 2005 con l’aggiunta di altri quattro brani, uno in studio e tre registrati live nel 1973 a Londra (The Howff). Nessuno dei membri originali era più presente, ma il gruppo constava comunque di militanti di lungo corso come Dave Pegg (basso), Dave Swarbrick (violino) e Dave Mattacks (batteria), oltre a Trevor Lucas (chitarra acustica e voce) e Jerry Donahue (chitarra elettrica). Gli ultimi due entrarono nel gruppo a partire dal disco precedente Rosie, e, pur non possedendo oggettivamente le doti creative ed esecutive di un Richard Thompson, rimangono due ottimi chitarristi (soprattutto Donahue). Il disco è stato oggetto di critiche piuttosto alterne. A riprova di questa polarizzazione di giudizi basterà ricordare tra le recensioni più recenti le 4 stelle su 5 date da Augusto Morini sul volume di Riccardo Bertoncelli (Bertoncelli 2007: 381) e le 2 su 5 di Bruce Erder su All Music Guide (AMG).

Come sempre la verità si trova nel mezzo; si tratta infatti di un buon disco che alterna brani derivanti dalla tradizione popolare, nuovamente arrangiati secondo uno stile ampiamente consolidato, a ballate originali. Le ottime doti strumentali del gruppo sono testimoniate da brani dal livello tecnico elevatissimo ricco di virtuosismi mai banali, come in the “Brilliancy Medley & Cherokee Shuffle”, “Tokyo” e l’unico grande classico dell’album passato alla storia, la trascinante “Hexhamshire Lass”, cantata da Swarbrick, ed ancora presente nella scaletta live del gruppo. Questi brani dalla spiccata tendenza strumentale appaiono ancora come l’eredità strumentale di un album seminale come Full House, vero e proprio spartiacque tra la fase di Danny e i Fairport di oggi. Tra le ballate, sempre gradevoli, meritano menzione l’epica “Polly on the Shore”, la migliore del lotto, contraddistinta dal canto stentoreo di Trevor Lucas e dal violino di Swarbrick, e “Bring’em Down”, impreziosita ancora dalla voce baritonale di Lucas e recante una interessante sezione strumentale dove è ancora il violino di un ottimo Swarbrick a farla da padrone. Un gradino sotto le convenzionali “Big William”, “Pleasure and Pain”, la delicata “To Althea from Prison” e “Possibly Parsons Green”. Superflue invece le bonus track, “The Devil in the Kitchen”, appesantita dall’arrangiamento orchestrale, e i brani live, con l’eccezione della suggestiva e acustica “George Jackson” cantata ancora da Lucas.

I Fairport Convention avevano fatto sicuramente dischi migliori, ma questo rimane un album estremamente godibile, ottimamente suonato e con canzoni mediamente di buon livello con alcuni picchi degni dei loro giorni migliori. Il disco costituì il preludio all’effimero ritorno di Sandy Denny nel gruppo, che genererà l’alterno Rising for the Moon.

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