E' il 1991 e, mentre gli occhi e le orecchie di tutto il mondo sono rivolti al grunge, i Faith No More se ne vengono fuori con il loro approccio alternativo alla musica: metal, rock, funk e in seguito anche grunge shakerati assieme con molto giudizio e personalità.

 L'album in questione è il live che i 5 ragazzotti di San Francisco sfornano a seguito di "The Real Thing", Lp che li portò agli occhi di pubblico e critica, e infatti le tracce sono quasi tutte provenienti da lì, fatta eccezione per "We Care A Lot" e le ultime 2 che sono inediti registrati in studio.

 I FNM si presentano alla Brixton Academy in forma smagliante.

 Ad aprire le danze ci pensa il basso granitico di Billy Gould nell'orecchiabilissima "Falling To Pieces"; tutto è al posto giusto: i suoni risultano molto buoni, considerando anche la data di registrazione, ed ogni strumento risalta nella maniera giusta senza coprire gli altri. A colpire è la voce del Signor Patton: ancora un po' acerba e a tratti non perfetta, ma assolutamente da vero fuoriclasse, capace com'è di sali-scendi mozzafiato.

 Si prosegue con la doppietta "The Real Thing" - "Epic": la prima colpisce per l'enorme carica di pathos e trasporto, la seconda ti ammalia con le sue strofe funkeggianti alternate a ritornelli "metal" (da ricordare l'assolo Epico!).

 Viene poi l'ora della cover dei Black Sabbath "War Pigs", già contenuta nello studio album e qui riproposta con altrettanto mestiere e grinta; semplicemente devastante.

 Seguono la famosissima "From Out Of Nowhere" e "We Care A Lot", quest'ultima a mio parere decisamente più convincente che nello studio album, data la presenza di un vero cantante (avete capito che non sono un fan di Chuck Moseley...).

 "Zombie Eaters" è semplicemente stupenda: parte con l'arpeggio magico della chitarra di Jim Martin accompagnato da tastiere sognanti per esplodere con l'urlo animalesco di Patton e un riffing devastante...come diceva Martufello "di più nin sò!"

 Il concerto si chiude con "Edge Of The World": una ballatona struggente (e ironica) da gustare assieme ad un buon whisky nella penombra di un piano-bar.

 Le due tracce da studio sono di buona qualità: "The Grade" è un brano strumentale fatto di chitarre acustiche che fanno tanto Led Zeppelin III mentre "The Cowboy Song" fila via liscia e onesta, senza lasciare però particolarmente il segno.

 Insomma un album che consiglio vivamente a chi è fan dei FNM, ma anche a chi voglia scoprire un gruppo che ha sempre cercato di uscire dagli schemi e dalle regole. 

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