Mounted men, with axe and shield
on their ride through shallow field
See your sons oh Vanadis
Light my ways oh Manalihs...

Così inizia Ok nefna tysvar ty. I sostenitori hanno aspettato 5 anni prima di poter ascoltare questa perla dell'islandese che risponde al monicker Falkenbach (nome di battesimo Vratyas Vakyas).

Viking metal, dunque, per definizione. Ma questo CD riesce fortemente ad andare oltre. Sebbene sia fortemente influenzato dai Bathory (rest in peace)ha una carica emotiva individuale fortissima. Coloro che conoscono i precedenti lavori noteranno una sostanziale differenza: l'introduzione della chitarra acustica, l'addio allo screaming e alle reminescenze black metal.

Nonostante questo, non si può parlare di alleggerimento del suono, perché questo disco lacera quanto e più degli altri. Inutile elencare tutte le tracce. Ma come non farsi prendere dalla dolcezza di Donar's oak o dalla self-cover ...the ardent awaited land che rispetto all'originale ha poco a che spartire ma che riesce ad emozionare come una new release...
Io non riesco a toglierlo dal CD, mi prende completamente e mi fa entrare in quel paesaggio disegnato sulla copertina, anch'essa splendida.

Non è solo viking, questo. Questa è poesia musicale. Anche il personaggio stesso è straordinario. Schivo, educato, che non fa parlare di sé.

È bello anche sapere che se è passato così tanto tempo dal precedente c'è una ragione: Vratyas voleva essere sicuro del lavoro svolto. Voleva regalare ai fans una perla da custodire, da amare. E c'è riuscito, appieno. Unico, inimitabile, lontano dai cliché sia del viking che del metal. A noi non importa il genere...

Lasciatevi cullare, sognate ascoltando questo album. In silenzio. Fatelo sentire agli amici che si emozionano ascoltando "Non me lo so spiegare".

Fantastico. Spero che commenterete in molti questo album, e che commenterete la recensione, bene o male. Non è facile descrivere gli stati d'animo dopo un disco come questo.

Da brividi...

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