"All the world will be your enemy, Prince with a Thousand enemies.
And when they catch you, they will kill you.
But first they must catch you; digger, listener, runner, Prince with the swift warning.
Be cunning, and full of tricks, and your people will never be destroyed."
Un progetto che è una dichiarazione d'intenti. Un gruppo a tempo determinato, volevano registrare tre dischi e tre dischi hanno registrato. Tutto ciò che volevano dire lo hanno detto.
Un progetto nato nel 2005 dalla mente di Alex CF Bradshaw, mastermind che recentemente muove i fili dietro ai Light Bearer e fino a poco fa degli appena defunti Momentum, gruppi che condividono la stessa volontà di narrare e portare l'ascoltatore al ragionamento e a guardar dentro se stesso (come attitudine hardcore vuole, del resto).
Descrivere ciò che costituisce e definisce la loro musica è arduo. Potrei dire di come abbiano attinto totalmente da "Watership Down", il libro scritto nel 1972 da Richard Adams e troppo spesso erroneamente considerato una semplice novella per bambini, laddove si fa invece veicolatrice di un messaggio tanto oscuro quanto profondo.
Esattamente come la musica stessa, che trova le sue fondamenta nel post-hardcore più Neurotico, magari prendendo in prestito il suono agli Isis e affondando le radici in un crust/d-beat epico e dark memore dei Wolfbrigade quando non dei Tragedy. Accelerazioni, rallentamenti semi-improvvisi e quindi ripartenze, riff ipnotici piuttosto che forza bruta, dilatazioni accompagnate da stranianti incursioni violinistiche (poi andate purtroppo perse nei dischi successivi), il tutto di un'intensità senza pari.
Basterebbe parlare anche soltanto del pezzo finale, quella "The Fall Of Efrafa" che nel suo quarto d'ora è capace di racchiudere l'intera anima del gruppo. Da un inizio sospeso nel vuoto quasi post-rock, con la tensione che cresce man mano che si sviluppano le trame degli strumenti, fino alla deflagrazione perfettamente in equilibro fra reiterazioni post-core e cavalcate Discharge-iane; deflagrazione che si consuma su se stessa per lasciar posto al primo intermezzo, con quel violino capace di dipingere come una minaccia incombente, che arriverà quando il pezzo esplode di nuovo, finché il tutto non svanisce in uno scrosciar di pioggia anticipato dallo stesso violino di prima. La minaccia finalmente infuria e il temporale è scoppiato. E sul tutto si appoggia la voce di Alex, debitrice dell'hardcore e dei Neurosis ma personalissima nel suo scream quasi declamatorio.
Musica, tuttavia, che svolge la sola funzione di essere la base su cui narrare l'enorme allegoria che costituisce le liriche, legate a temi di ateismo, oppressione, anti-totalitarismo, antispecismo.
Racconti dell'arroganza, un qualcosa che appartiene alla nostra razza soltanto, la razza che si è posta sul piedistallo delle divinità per calciar di sotto il resto della vita; perché siamo la prima delle speci ad essersi evolute oltre un limite, sentiamo di (poter) avere il controllo di tutto.
Racconti dell'uomo macellaio, colui che porta flagello sempre nel nome dell'arroganza, quando prende dalla terra, piegando la terra alla sua volontà, uccidendo numeri incalcolabili di altri esseri viventi alla base del proprio piedistallo semi-divino, pensando così che sia suo diritto, esercitare superiorità.
Ma noi non siamo una razza prescelta da qualche Dio; e quando noi moriremo, il mondo non morirà con noi.
Noi siamo Efrafa, e nelle nostre convinzioni non facciamo che spingerci autonomamente verso la fine.
Un giorno Efrafa cadrà, e sarà forse l'unico modo perché la terra possa trovar pace.
Ma è anche l'unica in grado di cambiare questo destino, il suo come quello di tutti gli altri.
Ma fino ad allora, i campi resteranno coperti di sangue, finché Efrafa si prenderà il diritto di scrivere le leggi altrui, segneranno il giorno e le loro zampe graveranno sui deboli.
La conigliera è vuota stanotte.
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