L'immagine è tutto. L'estetismo o in termini molto più semplificati, la bellezza esteriore, rappresentano un must della cultura moderna che prevede linee sottili e corpi scolpiti e sensuali. La standardizzazione della bellezza, quella che corrisponde da anni ai canoni modaioli e di tenzoni televisive, prevede altezza, magrezza ed eleganza. Non ho mai sopportato i canoni di Miss Italia, che richiede tra le altre un'altezza minima, e disperavo, pensando alle ragazze meravigliose sotto il metro e sessanta che avrebbero potuto sbancare gli osceni teatri mondiali con la loro femminilità. Il telefilm Nip/Tuc insegna dell'insicurezza dell'americano medio, ma non solo, che ricorre in continuazione a modifiche estetiche per sentirsi meglio nella società, che come dicevo, richiede curve perfette (o standard), giovane età e stile.

Così, i fratelli Farrelly, che si divertono da qualche anno a sbeffeggiare i punti deboli della società in cui viviamo (il filo americanismo è strabordante in tutto il mondo), in chiave scanzonata e volgarotta, riprovano a trasmettere il messaggio del "dietro le quinte" delle persone.

Come in "Tutti i pazzi per Mary" anche in "Amore a prima svista" si insiste molto su quello che non si vede, quello che sfugge ma che dovrebbe contare davvero in una relazione. Invece, in una baracconata di ostentazioni, l'occhio è il primo organo che deve essere appagato. Ma non si parla solo di occhi. Un tempo, in tempi di guerra, si diceva "grassezza fa bellezza" ovvero ciccia è benessere. Pure oggi si rincorrono canoni di estetica stabilita, in una sorta di appiattimento dettato dalla moda attuale e dalle misure stabilite. Una sorta di preoccupante neo nazismo silenzioso che prevede la rincorsa di una razza "ariana" fatte di persone belle, perfette, e come ci ha insegnato l'intimo terrore jacksoniano con gli standard del naso alla francese e della pelle bianca a tutti i costo. O per milioni di donne desiderose di avere il seno di plastica e così via.

Nelle loro espressioni cinematografiche i Farrelly sono solitamente sboccati e dissacranti, volgari e sbeffeggiatori delle debolezze umane, in una parola "fuori canone hollywoodiano (ma non troppo)". Il loro stile è pungente e la loro accusa al sistema è sempre mascherata da bizzarrie commediali di apparente basso valore. Ma in "Amore a prima svista" c'è una sorta di inaspettata delicatezza che lascia spiazzati. Il punto di partenza è, sulla base del concetto di possesso filo americano, la promessa di un bambino al padre morente di non mettersi mai con una donna che non sia bella. Dietro questa assurda superficialità parte il progetto dei registi che tentano di dimostrare, nel corso della pellicola, la pochezza dello standard di partenza, la bellezza, contro la reale necessità dell'uomo che cerca per completarsi una relazione appagante. Non solo lo sfoggio di un trofeo.

Non importa come finisce il film, se a Jack Black gli si aziona il cervello o meno, se tutti saranno felici o scontenti, se tutti impareranno la lezione. La commedia rimane tale, stupidina e scontata, ma inaspettatamente delicata e che permette qualche buona riflessione. In più, ed agli occhi non fa mai male, un manipolo impressionante di belle figliole.

Paltrow azzeccata. La magra e bella attrice racconta che durante le riprese, dovendo sottoporsi a 4 ore di trucco per farsi ingrassare per poi passeggiare per gli studi con il costume, molti addetti non la riconobbero e notò che nessuno più incrociava, causa il nuovo aspetto, il suo sguardo.

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