Dimenticate il grunge. Musicalmente parlando, Seattle è rinomata come la città dei musi lunghi. Chiariamoci: Kurt Cobain è stato uno dei più grandi interpreti di musica rock mai apparso su questo pianeta; i Nirvana hanno sfornato canzoni memorabili e si sono posti a capo di una corrente, il grunge, sfaccettata solamente negli aspetti superficiali (lo stile poteva essere, a seconda dei gruppi, più sbilanciato sull'hard-rock, o sul punk, o sul metal, o sul noise, o su Neil Young… non importa… ), mentre nella sostanza l'omogeneità di quella scena mi pare evidente: Nirvana, Mudhoney, Alice In Chains, Pearl Jam, Soundgarden e tutto il resto della combriccola avevano in comune quel feeling disilluso, amaro, scorato, depresso, che talora rischiava di cadere nella più seriosa autocommiserazione. Ecco, dimenticatevi per un attimo questo stato d'animo. E provate a domandarvi cosa fosse Seattle un attimo prima del grunge. Una delle possibili risposte si chiama Fastbacks.
Due ragazze non particolarmente avvenenti, ma simpaticissime: Kim Warnick e Lulu Gargiulo. Un chitarrista stratosferico di nome Kurt Bloch, capace di tutto (per davvero!), di quelli che quando suonano ti danno proprio l'idea di divertirsi un mondo. Un batterista a caso. I Ramones e i loro ritornelli cretini. Ecco i Fastbacks, a mio parere il miglior gruppo power-pop di sempre. Meglio anche dei Cheap Trick. Erano attivi dai primi anni 80, ma il primo LP risale solo al 1987 e si intitola "And His Orchestra". Contiene 11 canzoni che rasentano la perfezione, stracolme di grinta, ispirazione, varietà, empatia, melodie avvicenti, chitarre infuocate, ritmi trascinanti.
"Seven Days" è la quintessenza dei Fastbacks: attacco ruspante, filastrocca stupidissima, assolo grottesco che trasforma la canzone in un'allegra danza collettiva. L'eroe è Bloch, il guitar-hero meno spocchioso della storia. Dalle sue magiche sei corde saltano fuori le cose più incredibili: riff coriacei, muri di suono ("I need some help"), pompose fanfare nello stile di Brian May ("Wrong, Wrong, Wrong"), arpeggi incantatori alla Big Star, assoli rutilanti, fraseggi sommersi, stacchi repentini, intermezzi di ogni sorta. Dall'intimismo più lirico all'estroversione più sboccata, non c'è stato d'animo che Kurt non sia in grado di suggerire e di supportare con il suo strumento.
Poi ci sono le ragazze: Kim e Lulu. Difficile capire se ci sono o se ci fanno. Difficile comprendere dove finisce l'ironia e dove comincia il sentimento autentico. Tra Joan Jett ed Exene, con più di un occhio alle Ronettes, in bilico tra tenerezza e aggressività, le voci femminili definiscono uno spettro di sensazioni così ingenue da far vibrare l'animo nel profondo: il tono passa da confidenziale ("Light's On You") a trasognato ("You Will Be The One", "K Street"), salvo poi scatenarsi nella bruciante carica di "Set Me Free" (che pare un omaggio alle Heart). Come ragazzine innamorate, Kim e Lulu tinteggiano un immaginario fatto di sospiri, di incanti e di speranze.
Ma non sempre i sogni si avverano: ed ecco che "Don't Cry For Me" rivela un umore corrucciato, un broncio che tenta di riacquistare serenità nel ritornello, mentre "Call It What You Want", con quella voce persa tra le staffilate dissonanti della chitarra, quel disagio palpabile, quell'ansia sotterranea sempre pronta ad emergere, è il loro brano "grunge".
E allora ci si rende conto che, forse, la buffoneria, la stupidità, la "futilità" di questa musica sono solo un modo per esorcizzare le sofferenze quotidiane, solo un gioco per dimenticare l'abisso dell'esistenza. Del resto, di fronte alla cantilena spudoratamente dolciastra di "In The Winter", si ha come l'impressione che il popolo della ragazze ciniche e disadattate (le cosiddette "punkettes") cominci a rimpiangere il focolare domestico e senta il bisogno di regredire all'infanzia. Magari con Kurt Bloch a fare le boccacce e a sollevare il morale. Coloro a cui piace minimizzare sui significati profondi della musica di consumo obietteranno che in realtà il senso della musica dei Fastbacks è semplicemente il gusto di "suonare belle canzoni", il piacere di divertirsi e divertire, la pura evasione. Concordo.
Tuttavia, se si sente la necessità di evadere da qualcosa, un motivo ci sarà, giusto?
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