La prima volta che ho sentito parlare di questo gruppo, qualche mese fa, avevano rilasciato una intervista in cui dichiaravano che sarebbero andati in Siria e si sarebbero uniti all'Isis, se il povero Mac DeMarco non avesse smesso di fare musica e si fosse ritirato dalle scene. Non si è capito bene, dopo, se questa dichiarazione fosse poi una specie di attacco scherzoso oppure no, dato che lo stesso Mac DeMarco infatti avrebbe successivamente dichiarato che i Fat White Family gli avrebbero chiesto di dividere il palco assieme. In ogni caso, è così che ho conosciuto questo gruppo e ho ascoltato il loro primo disco, 'Champagne Holocaust', che usciva su Trashmouth nel 2013 e che ho trovato francamente sorprendente acido e allo stesso tempo in qualche maniera psichedelico.
'Songs for Our Mothers', il loro nuovo disco (Fat Possum/Whithout Consent) esce a distanza di tre anni e conferma quello che è l'eccentrico e radicale approccio di questi musicisti non solo alle loro canzoni, ma alla vita in generale. Il disco del resto è provocatorio, oltraggioso e in qualche modo può essere considerato come un vero e proprio 'shock', riprendendo in un certo senso una tradizione tipicamente britannica all'interno della musica rock che va a partire dalla fine degli anni settanta fino ad oggi. Al di là delle sonorità proposte dal gruppo, è impossibile non pensare al movimento punk e ai Sex Pistols e andando avanti negli anni, a alcuni atteggiamenti tipici degli Oasis e più tardi dei Babyshambles/Libertines.
Prima ho parlato di psichedelia acida e questo elemento è sicuramente presente anche in questo nuovo disco, anche se in verità definire in maniera esatta il sound dei Fat White Family è difficile. Intanto, la prima domanda è, abbiamo a che fare con una band che è legata in qualche modo a un ambiente underground o parliamo invece della solita indie nex big thing del Regno Unito. La domanda è lecita. Per esempio, 'Satisfied', una ballata dub e allo stesso tempo acida, è stata prodotto da Sean Lennon e registrata agli studi di Yoko Ono. Voglio dire, questo tipo di collaborazioni se sei veramente 'underground' non è che poi tu te le possa permettere. Proprio all'atto pratico, intendo.
Ma questa band ha una doppia faccia. Da una parte citano Primo Levi, sono interessati a ciò che succede nel mondo e alla politica e collaborano con personalità e artisti impegnati politicamente e socialmente come Sean Lennon e Yoko Ono; dall'altro lato il loro approccio è sicuramente punk e arrogante. Tipo che ascolti il disco e pensi immediatamente, 'Wow, a questi non gliene frega un cazzo di niente!' Cosa che di conseguenza te li fa amare oppure odiare a seconda delle situazioni.
La musica e i contenuti di questo disco sono apparentemente sgradevoli. Le sonorità sono a tratti difficili da comprendere e altre volte ingenue come potrebbero apparire le canzoni di Daniel Johnston ('When Shipman Decides'). Tutto appare incerto e i toni sono spesso oscuri e pagano pegno a una certa musica wave. 'We Must Learn To Rise', 'Love Is the Crack' riprendono un approccio teatrale che potrebbe far pensare ai Residents oppure ai Bauhaus anche se il suono dei Fat White Family è sicuramente meno furioso e impetuoso di quello della band di Peter Murphy.
Sono rumorosi e fastidiosi e repellenti come qualcuno potrebbe considerare repellente una collezione di riviste pornografiche. Non lo so se questi siano veramente dei cattivi ragazzi oppure no, è lecito domandarsi se siano un bluff e se ci sia del genio nelle loro canzoni e, questo è certo, sicuramente non si tratta di canzoni che cantereste alla vostra mamma, ma prima di tutto questo, domandatevi il perché e domandatevi se e dove starebbe il confine tra che cosa sia veramente scandaloso e oltraggioso e che cosa invece no. Oppure più semplicemente questo confine non esiste: non c'è nessuna differenza.
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