Il primo passo discografico della band simbolo del progressive metal, i padri del genere, quelli che hanno dato vita a tutti quei gruppi che poi seguiranno le loro orme: i Fates Warning di "Night on Bröcken", sono questo e niente più.

L'avventura di questi (allora) cinque musicisti comincia in quel di Hartford, Connecticut, nel lontano 1982 quando Steve Zimmermann, Joe DiBiase, John Arch,Victor Arduini e Jim Matheos decidono di dar vita alla propria band, cercando di proporre un genere in cui convivessero in equilibrio elementi power metal con le progressioni strumentali tipiche del metal di casa Iron Maiden al quale si accostava una tecnica esecutiva eccezionale.

Il lavoro, prodotto da Metal Blade, pur non brillando per originalità ed essendo comunque decisamente lontano dai capolavori della band, ci mostra da subito una band abbastanza matura, capace di un song-writing che si attesta su livelli decisamente apprezzabili e denota anche la professionalità del lavoro grazie ad una buona, per l'epoca e per la tipologia del lavoro, registrazione ed ad un'altrettanto buona produzione.

Per quanto riguarda il lato prettamente musicale, questo "Night on Bröcken" come detto prima rappresenta un punto di incontro tra power ed heavy metal calato in una dimensione molto tecnica, dove si apprezzano particolarmente le strutture dei pezzi, tutte molto elaborate e nelle quali si susseguono riffs particolarmente potenti e rocciosi, assoli rapidi ma mai privi di senso e una sezione ritmica estremamente dinamica e variegata: ne è esempio di ciò l'incipit della title-track nella quale un assolo di basso si muove su linee chitarristiche e su ritmi batteristici che scandiscono tempi imperdibili. Ancora, troviamo un'ottima compattezza ed un muro sonoro davvero portentoso nella prima canzone, "Buried Alive" che se da un lato ricorda ancora più da vicino la band di Steve Harris, dall'altra parte ci mostra una band estremamente preparata che si destreggia con abilità anche in basi sparate a velocità sostenute.

Dall'altra parte a pacare l'atmosfera ci pensano pezzi come il breve e toccante strumentale nel quale compaiono solo chitarra e basso "S.E.K." o ancora la penultima "Damnation", che nella prima parte si sviluppa su tonalità più plumbee e grigie, risultando più vicina al mood odierno della band. Il resto della track-list sviluppa invece un tema musicale più heavy-power-prog, con risultati meno eclatanti rispetto agli episodi citati, ma comunque buoni sia ben chiaro, apparte l'altro strumentale del disco "Shadow Fax", entusiasmante nel suo incedere cadenzato ma potente, nel quale i nostri americanotti esibiscono tutte le loro capacità agli strumenti.

Le liriche volgono per la maggiore verso temi fantasy, strizzando l'occhio ad argomenti oscuri quali la morte e la cattiveria che si insinua nell'animo dell'uomo (a proposito di ciò risulta esplicativa la frase iniziale del disco che recita "Dark and dampness linger in body and soul").

In definitiva questo lavoro pur, come già detto, essendo distante dai lavori che consacreranno in futuro la band, merita di essere ascoltato più per la piacevolezza dei singoli brani e per l'importanza storica della band che non per altro, anche se reperirlo non sarà assolutamente facile. C'è da dire inoltre che Metal Blade ha deciso di ristamparlo nel 2002, con l'aggiunta di quattro bonus track che rispondono ai nomi di "Last Call" del periodo in cui i Fates erano ancora i Misfit, "The Calling" ripresa dal demo Rehearsal del 1983, "Kiss Of Death" in un'edizione live e la cover degli Iron Maiden "Flight Of Icarus".

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