I Fates Warning partoriscono il loro dodicesimo lavoro in studio a dua anni di distanza dal buon "Darkness in a Different Light". Il lungo periodo silenzioso post "FWX", causa anche diversi side project dei vari membri, sembra ormai essere definitivamente superato e il gruppo del Connecticut prova a certificarlo con il secondo disco in 4 anni.
Il nuovo "Theories of Flight" possiede tutte le caratteristiche del trademark della band: un progressive metal classico privo delle incursioni tastieristiche, costantemente alla ricerca della melodia e con la possibilità non indifferente di appoggiarsi all'ugola di Ray Alder. Di contorno c'è la solita pulizia tecnica e di esecuzione dei musicisti, che lontani dall'ammorbamento ipersolistico e strumentale hanno sempre dimostrato grande sapienza nella costruzione di suoni e linee vocali, lasciando da parte quelle lunghe fughe degli strumenti che tanto amano/odiano gli adepti del genere.
Aspettarsi variazioni sul tema era chiedere troppo e infatti i cinque rimangono sulle loro posizioni. L'opener "From the Rooftops" è nel solco del classico stile dei FW, tra melodia, retrogusto malinconico e i possenti riff del duo Matheos/Aresti. Roba che ci si aspettava tale e quale, ma che è inattaccabilmente ben rifinita sotto ogni punto di vista. Qualche incursione nel granitico power/epic degli esordi fa ancora capolino, come in "SOS" e nella maideniana "Seven Stars", con un refrain che ruffianeggia un approcio "catchy". Sulla scia della forma canzone il pezzo più riuscito è "White Flag", possente prog/heavy dove tutto è dove deve essere, trascinante quanto serve per ribadire ancora una volta la perizia esecutiva dei nostri, con Bobby Jarzombek che dietro le pelli fa il solito straordinario lavoro di supporto.
"Theories of Flight" è un disco estremamente compatto, sostanzialmente privo di sbavature e cali di tono, capace di tenere un songwriting che si fossilizza su ritmi al ribasso senza scadere nella noia. Ad enfatizzare il senso di immobilità del disco c'è quella pulizia sonora ormai diventato baluardo imprescindibile per qualsiasi nuova uscita metal: per carità, ascoltare il disco con le cuffie permette di captare le mille variazioni presenti nell'opera, ma stona questa ricerca quasi ossessiva della "lacca" e di quei suoni di plastica che mettono completamente da parte le genuinità di un genere che ormai, come tutti gli altri, è dedito esclusivamente al mercato. Merce come tutte le cose di questo mondo. A fare le spese di questo eccessivo accento sui suoni ci sono le due suite "The Light and Shade of Things" e "The Ghosts of Home", entrambe giocate sull'alternanza tra fasi soft ed esplosioni progressive. Impeccabili e coinvolgenti nel loro cambiare tono con classe e accortezza, ma prive di quell'emozionalità che viaggiava sottotraccia in album come "Perfect Simmetry" e "Parallels", solo per tornare indietro a citare due piccoli gioielli.
La nuova uscita dei Fates Warning conferma, e c'era da aspettarselo, una realtà musicale che difficilmente delude. Jim Matheos e Ray Alder hanno scritto un altro episodio di classico progressive metallico parlando di scelte e decisioni, delle difficoltà di vivere la vita, di quei cambiamenti e mutamenti che evoca anche il titolo. Il risultato è un album di rara solidità, che difficilmente aprirà gli orizzonti di un pubblico diverso ad un gruppo cardine per il genere, ma che mai ha saputo divincolarsi dall'etichetta di "cult band" amata dai critici del genere e da una ristretta schiera di sostenitori.
1. "From the Rooftops" (6:52)
2. "Seven Stars" (5:33)
3. "SOS" (4:34)
4. "The Light and Shade of Things" (10:15)
5. "White Flag" (5:20)
6. "Like Stars Our Eyes Have Seen" (5:13)
7. "The Ghosts of Home" (10:31)
8. "Theories of Flight" (4:00)
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