Non ho paura di Dio, non ho paura di me stessa, non ho paura di niente. L'unica cosa di cui aver paura è la paura stessa? Non mi spaventa. Freddo e vento gelido spazzano le croci innevate, gelido urlo sul selciato del nulla, sul pianerottolo dell'attesa eterna in silenzio, silenzio come quiete dopo il terrore.

Mi alzo dal letto, mi siedo sul bordo. Vorrei vedere il mio corpo disteso sul pavimento, pallido più del solito, inciso da tagli ben assestati, sicuri, livido, le palpebre abbassate per sempre, inutili anche a non vedere. Non vi sarebbe reazione in me alla scoperta degli altri, nessuna violenza ulteriore. Al tavolo autoptico non credo mi imbarazzerei nè a causa delle incisioni più profonde nè della grossolana sutura del taglio a "Y".

Ma non si può vedere ciò che non si è potuti diventare. Quindi brucio nel vento? forse, finchè il vento lo vorrà. Finchè avrà qualcosa da bruciare. Ben poco invero. Pochi minuti di "Krematorium", vento incandescente in tunnel chiuso, nulla sono stata e nulla torno finalmente... pochi minuti. Gli stessi nei quali in un'altra dimensione del reale virtuale continuum questo rumore di musica esplode, si condensa e sublima, si contorce in un urlo senza voce e rimbalza in una baluginante, ammaliante desiderata e tagliente lama di coltello, e la testina del giradischi si stacca dal vinile, il braccio torna alla posizione di riposo.

Buon ascolto. 

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