Ecco,questo è uno degli episodi meno conosciuti della storia della musica: i Fear Of God.
Lasciate da parte tutto ciò che si sa sulla compartimentazione stagna delle correnti di qualunque genere musicale che non sia fusion o crossover. Questo è un caso più unico che raro di vera e propria arte.
Siamo tra la fine dei controversi anni 1980 e l'inizio dei deprimenti 1990. Il metal scrive le sue pagine più famose per risultati commerciali. In quel 1991 tanto famoso, Metallica e Guns'n'Roses ottengono il massimo successo della loro storia. Il glam e il pop metal stanno per essere distrutti dalla tempesta grunge, che debiliterà oltremodo quasi tutto il rock e il metal fino ai giorni nostri. Cosa succede alla musica in questo periodo?
Si estremizza in tutti i modi possibili. Mai più "Hysteria", mai più "Girls,Girls,Girls". Il thrash diventa death, l'hardcore grindcore. Dall'altro lato invece, si estremizza in senso opposto: il punk diventa "melodic", il pop da classifica conosce la prima boy band, quel fenomeno poco studiato che impazzerà a fine decennio e inizio nuovo millennio. In questo nefasto periodo nascono e sbocciano i Fear Of God. Quando si parla di loro, bisogna parlare del primo disco, "Within the veil", perchè il secondo lavoro sarà del tutto inutile.
Chi sono i Fear Of God? Sono una delle innumerevoli band partorite dalla Bay Area, più precisamente in quell'enorme melting pot che è Los Angeles. Sono Steve Cordova alla batteria, Blair Darby al basso e Michale Carlino alla chitarra, autore delle musiche. Alla voce una delle figure più misteriose e tragiche dell'intera scena metal: Dawn Crosby. Nessuna parentela con il più illustre musicista, ma l'eccezionalità di questa donna è principalmente nelle sue doti vocali.
Bisognerebbe aver ascoltato l'unico album della sua band precedente, i Dètente, per capirne la natura artistica. Niente gran tecnica alla Doro Pesch, niente potenza alla Leather Leone, non solo violenza alla Sabina Classen. Negli anni ottanta esprimeva una rabbia totale, devastante ed omicida; nel primo scorcio dei novanta fu in grado di dipingere con la voce tormento esistenziale ed interiore più di molti altri interprete. Essenzialmente usa una serie di coinvolgenti registri vocali all'interno delle canzoni: un rauco e rabbioso cantato thrash, un sussurro melodico ansimante e un parlato d'atmosfera dal tono narrante. Che narrava? Storie di allucinante realismo. Poco gore, molto dolore e di quello vero.
Atmosfere allucinanti e oniriche più dei Nirvana " nocturnal shades of blue dance before her eyes, and call to me pleading please don't lie "; storie di violenza incestuosa come in "red to grey"; corti epitaffi di prostitute come in "Emily". Di fronte a temi così toccanti, si potrebbe temere che la musica sia uno di quelle nenie dark gothic (tutte uguali dopo Suxsie And the Banshees o i Cure). Nei quasi 47 minuti di disco si sprigiona uno degli esperimenti più affascinanti del decennio. Thrash metal ammaliato di doom e psichedelia.
In questo vorticare spaventoso di violenza, tragedia del vivere e intospezione allucinogena la voce di Dawn Crosby tesse affreschi di realismo sconcertante attraverso liriche probabilmente ispirate dall'alcool che 5 anni dopo la uccise in Inghilterra. Tipiche cavalcate thrash si accompagnano a rallentamenti tipo doom. Nello stesso momento in cui risuona il thrash si sente il doom in sordina, e così al contrario. In diverse parti la visione del mondo di Dawn crosby esce allo scoperto: mentre l'economia planetaria è dominata dal capitale rampante, omicida e finto democratico, i suoi istinti più bestiali si sprigionano in quei coni d'ombra dimenticati ( spesso periferie ) dove sopraffazione e dolore regolano le vite di milioni di persone.
Ecco il capolavoro: esprimere la connessione fra società e individuo, fra generale e particolare con la musica. Nei momenti di violenza a doppia cassa, il registro rauco si accompagna a fievoli sussurri, e quando questi raggiungono una violenza quasi death la voce si fa per magia melodica. L'atmosfera a tratti è opprimente, ma la genialità sta nell'affogare nella melanconia tutto il comparto strumentale facendo ergere la voce con sapiente uso di eco. Ottimo per il dormiveglia, appropriato per gli incubi, delicatamente contrastante con i sogni.
Tutto ciò mancherà nel secondo lavoro. Un'altra band vera e propria, nell'organico solo con una Dawn crosby molto più depressa e priva d'ispirazione. Michael Carlino, grande chitarrista si è invece perso nella storia di questi ultimi 16 anni, come Cordova e Darby.
In tempi di EMOcrazia, queste perle di comunicatività commovente e NON COSTRUITA, rifiutata dal business e poco capita da brutallari intransigenti, progster accecati e metalcorer ancora acerbi, sono da riscoprire.
"Be kind of me / come kill me one more time / I'm los in bitter rage ".
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