FELLINI - LA CITTA' DELLE DONNE (1980)
Ma che diavolo di film è questo? Esclama Snaporaz, il protagonista alter ego del Maestro. Questo filmone cinecittà-hollywoodiano nasce dalla costola di celluloide di tanti altri film archetipali del genere B movie, tra peplum-fantasy-tipi mondo movie con donne nude-regine delle Amazzoni, porno-vampiresse, punk-extraterrestri, gino-cyborg,-isole di donne sole-etc. Eh, caro Snaporaz, inseguendo una Beatrice femminista sei finito in una natural burella dantesca, ti sei perso in una cittadella onirica abitata da donne di ogni età: donne donne, donne uomo, androginiche, angelicate, pervertite, materne, virginali, tossiche, punkettone, kapò, amazzoni, mistiche, gemelle, circensi, mostruose, lesbicone, pazze, casalinghe, tardone, cantantesse, attricette...ma non sono più al tuo servizio, Snaporaz, e fuggono disamorate dal vecchio harem di Otto e mezzo. Piccole Donne Crescono, sempre più in fretta, sempre più femministe, sempre più maschili. E se il re è morto, viva il re... Degno prosieguo del precedente Fellini Casanova, il film richiede più visioni per apprezzarne la rutilante claustrofobia visiva e sonora, da viversi tra fuga, sogno ed incubo, cullati dentro un fallico treno che s'infila in una galleria. E' un viaggio topico, un film dentro un film, tra un lungo carosello e il fumetto d'appendice alla Milo Manara, senza scomodare poi Melies, Bunuel... e cosi fino al primo genoma filmico di svariati tentativi evolutivi partoriti nell'immaginario maschile dai Lumiere in poi...
L'astronave di Fellini 8 1/2 col suo baraccone enfatico da palazzinaro del Cinema forse non è mai partita come l'aereo di Mastorna: o forse si.. e Snaporaz fà veramente il suo viaggio al centro della Terra, anzi del pianeta donna: adescato dalla misteriosa Signora del treno, sacerdotessa di misteri femministi, il protagonista finisce per trovarsi nel bel mezzo di un albergo ove si sta svolgendo un animato e tumultuoso congresso di donne che parlano mediante formule stereotipate e slogans antimaschio. Lui è disorientato e indifeso, cerca sempre la signora del treno, e dopo misteriose vicende connesse con i suoi tentativi di fuga, l'uomo finisce nel castello di Katzone, un maturo santone mussoliniano dell'eros che vegeta in una sorta di reliquario sessuale, fatto di teche digitali del sesso, di donne formose e provocanti, e tutti i simboli della donna-oggetto. Ettore Manni, ex povero ma bello resta lì a celebrare il vecchio Io di Snaporaz, il lato ombra vitellonico del maestro e del maschio latino, l'ultimo baluardo della virilità mitica, trucido playboy di una casa dannunziana piena di falli e obelischi. Dal castello, ancora assai misteriosamente, Snaporaz finisce in un'aula di tribunale ove ritrova le femministe che lo condannano e passa in una arena ove dovrebbero godere del suo linciaggio. Ma Katzone nell'ombra vigila e cerca di salvarlo: gli mette a disposizione una enorme bambola gonfiabile per fuggire alle grinfie femministe. E sale, sale sempre più in alto sino a che per un attimo gli appare aureolata come una Madonna forse la sua vera unica Donna Ideale : ma è solo un breve flash, perché la mongolfiera... Insonnia, reverie ed impotenza di fronte alla nuova donna caratterizzano questo film così lunare e lunatico del Maestro che fà sue le parole di Carl Jung: «La donna sta laddove l'uomo ha la sua ombra, sì che spesso egli è portato a confondere la donna con la propria ombra».
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