Strana sensazione a distanza di anni vedere nuovamente sugli scaffali un libro sui Litfiba. Praticamente scomparsi a livello mediatico durante gli anni Duemila, con il solo Renzulli rimasto titolare della gloriosa sigla, era più che probabile che con la (im)prevedibile reunion di tre anni fa il gruppo fiorentino tornasse a far parlare di sè. E chi poteva "permettersi" un tomo di oltre duecento pagine su di loro se non il fedelissimo Federico Guglielmi, firma storico del giornalismo musicale che ha seguito i Nostri fin dagli esordi? Versione riveduta ed espansa di quel "A denti Stretti" pubblicato in un avvelenatissimo clima da post-scioglimento nel lontano 2000, "Fuori dal Coro" ha almeno il pregio di presentare la lunga storia dell'ensemble fiorentino nella sua interezza, cosa non da poco negli ultimi tempi, visto che da anni ormai il duo Renzulli -Pelù, nelle varie interviste, finge di essersi "dimenticato" di aver suonato da separati per dieci anni, con tanto discografia degli anni Duemila magicamente rimossa dal sito ufficiale.

Diviso sostanzialmente in tre parti, ovvero biografia, interviste e discografia, riesce ad offire un resoconto asciutto e completo di oltre trent'anni di carriera, con dichiarazioni rilasciate per l'occasione unite ad altre d'archivio.

A differenza dell'edizione precedente, sono praticamente scomparse le foto, stavolta rilegate ad una striminzita parte centrale, e la sezione dedicata ai tour, con quello che era un riepilogo, comunque incompleto, delle varie date affrontate dai fiorenti in oltre vent'anni di concerti. Interessante aggiunta invece la sezione dedicata alle interviste d'archivio: passando dai vari Rockerilla fino a Velvet e Mucchio Selvaggio, viene riproposto praticamente tutto il materiale scritto da Guglielmi sull'argomento, dai reportage dei primissimi anni Ottanta fino al tour di "Stato Libero di Litfiba". E, soprattutto per il fan più smaliziato, farà di sicuro un certo effetto notare come, se le prime interviste rilasciate avevano il sapore acerbo di un gruppo che stava muovendo, spesso in modo incerto, i primi passi, quelle successive, per intendersi dalla metà degli anni Novanta in poi, vedono ormai un gruppo che, persi diversi pezzi da novanta per strada (chi ha detto Maroccolo e Aiazzi?), ha sì raggiunto il successo commerciale tanto agognato, ma anche buona parte del fascino e della genuinità.

Se già la versione precedente aveva abbondantemente raccontato di come nel giro di pochi anni si fosse passati dalle cantine ai grossi palchi e la genesi dei vari "Desaparecido" e "17 Re", stavolta, per quanto riguarda la sezione biografica, i passaggi maggiormente degni di nota sono proprio quelli relativi alla fase del gruppo che al grande pubblico è interessata di meno, ovvero quella degli anni Duemila, per forza di cose non presente nell'edizione precedente, con i vari tentativi, non propriamente riusciti, di andare avanti anche senza il frontman originale. E a rileggere le dichiarazioni dei vari Gianlugi Cavallo, Gianluca Venier e Filippo Margheri, non si può non avere l'impressione che, almeno in quel caso, sarebbe stato forse meglio mettere da parte almeno momentaneamente la storica sigla e presentarsi con un altro nome, visto che comunque quegli anni partorirono diversi spunti interessanti passati però assolutamente inosservati, basti pensare ad un album come "Insidia".

Dall'altro canto va sottolineato come lo stile il più possibile oggettivo con cui Guglielmi (ri)scrive stride inoltre non poco con quello enfatico e da fan di suoi molti vecchi articoli, scritti quando il gruppo era ormai la gallina dalle uova d'oro della CGD prima e della EMI poi, quasi come se fosse diventato, con gli anni, meno "fan" e più "giornalista". Cosa ci potesse trovare ai tempi di così entusiasmante in lavori assolutamente evitabili come i vari "Lacio Drom" o il terribile "Croce e Delizia" lo sa solo lui, così come un disco, comunque discreto, come "Elettromacumba" avrebbe forse ai tempi meritato un giudizio più meditato. E a bocce ferme sarebbe interessante chiedere all'autore cosa ne pensa dell'attuale non-corso del gruppo, che dopo una strombazzatissima reunion si è ripresentato con un album dimenticato praticamente subito e supportato da una misera decina di date e tante apparizioni-spot in tv, con buona pace di chi si aspettava un "Terremoto II" e si è ritrovato tra le mani una stagionata copia di "Mondi Sommersi".

Indipendentemente dalle varie riflessioni sulla salute musicale di Renzulli e soci va comunque detto che il libro è ben scritto, ricco di particolari ed approfondito in ogni sua parte, e sicuramente farà piacere rileggere la storia di un gruppo che, a suo modo, ha segnato un certo modo di intendere il rock in Italia.  

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