Immaginate di andare dalla psicologo, oppure di confessare a un vostro amico o a voi stessi i segreti e i ricordi più inconfessabili della vostra coscienza, dal profondo della vostra coscienza. Quel genere di cose – esperienze vissute o immaginate, fantasie realizzate o rimaste tali, bassezze anch'esse realizzate o immaginate, ansie e pensieri scomodi – che al solo pensiero o ricordo ognuno di noi rabbrividisce dentro, distogliendo – con tutte le forze che abbiamo – la mente da essi. Quel vissuto che è la parte più segreta e nascosta della nostra esistenza.
Ebbene, è questa la sensazione che si prova – sin dalle prime parole scritte – leggendo Ricordi dal Sottosuolo di Fedor Dostoevskij.
Il libro dello scrittore russo – pubblicato nel 1865 – è un racconto scritto sotto la forma di monologo-confessione in cui l’autore porta a galla un universo terribile e angosciante, quei “ricordi dal sottosuolo” che cercano di eclissarsi.
Il romanzo-racconto provoca nel lettore una ferita, uno squarcio, all'interno della propria anima. Provoca – pur non immedesimandosi con gli episodi che succedono al protagonista del libro – un’angoscia e un senso di fastidio e frustrazione che, più volte, fa venire la tentazione di interrompere la lettura, che – nonostante ciò – si porta avanti, presi in una sorta di catarsi inconscia.
Dostoevskij dipana la sua “confessione” tramite il rapporto del protagonista con il suo lavoro che egli odia, con gli ex compagni di scuola che odia e da cui è odiato, con una prostituta che rappresenta – all'interno del romanzo – il simulacro della perdizione e della infelicità dell’animo umano. Lavoro, ex compagni di scuola e prostituta che sono solo un “pretesto” narrativo, in quanto il protagonista assoluto del racconto e delle vicende del narratore omodiegetico è “l’emergere a superficie del sottosuolo”.
Emblematiche sono le parole pronunciate dal protagonista, a metà del libro, dove egli presenta il suo “sottosuolo”, spiegando i motivi per cui questi per tanto tempo è rimasto sul “fondo” e perché ora si accinge a “salire a galla”: nei ricordi di qualsiasi uomo vi sono cose che egli non rivela a tutti, ma forse solo agli amici. Ve ne sono anche di quelli che egli non rivela neanche agli amici, ma forse soltanto a se stesso, e per giunta sotto il vincolo del segreto. E infine ci sono cose che l’uomo ha paura di svelare persino a se stesso.
Dostoevskij con Ricordi dal Sottosuolo mette su carta, verbalizza, le paure e le angosce dell’individuo di fine ‘800 – che sono poi le stesse dell’individuo contemporaneo – di fronte ai processi di secolarizzazione.
Col suo racconto, Dostoevskij sferra anche un duro attacco alla filosofia Illuminista e alla scienza Positivista, le quali - con la razionalità e l’esattezza scientifica-empirica delle loro dottrine – non riuscivano a dare risposte e spiegazioni di fronte all'indicibile e all'irrazionalità della psiche umana. Ma ci si trovava ormai in piena modernità. Nel giro di trent'anni sarebbero comparsi Freud con le sue Teorie sulla Psicoanalisi ed Einstein con la Teoria della Relatività; Dostoevskij, con la sua letteratura, anticipava tali rivoluzioni scientifiche e di pensiero.

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