Se state cercando il perfetto anello di congiunzione fra il garage rock più sfrenato di derivazione MC5 e Stooges e l'hardcore brutale alla Germs o alla Fear questo è il disco che fa per voi: l'album omonimo dei Feedtime, effimera formazione australiana autrice di un sound che è rimasto tra i più incendiari di sempre, un incrocio tra i Radio Birdman e gli Husker Du meno melodici, è uno dei capolavori di metà anni Ottanta.

Ciò è testimoniato ottimamente dall'attacco infiammatorio di "Fastbuck", in cui Rick, il leader, tortura letteramente la povera chitarra che ha a disposizione e le folate di basso suonano sporchissime, irriverenti, marce fino all'inverosimile. "All Down" porta tutto alla normalità attraverso un giro di basso pacato e un declamare sfinito, in mezzo sempre comunque a feedback chitarristici ossessivi. Ossessiva è anche "Searching The Desert": la voce sembra voler fare a pezzi ogni cosa e le sonorità del basso sono tipicamente "garage".
Un nuovo momento di tranquillità è apportato da "Doesn't Time Fly", brano allucinato, psichedelico, allungato al punto giusto da far venire i brividi con la sua tensione accumulata che sembra non riuscire a trovare il momento giusto in cui scaricarsi del tutto. E che dire di "Dead Crazy", affascinante crescendo epilettico arricchito di fastidiosissimi riverberi e dissonanze di ritorno? "Don't Like" è invece un ritorno esplicito al rock'n roll più classico, con la solita atmosfera da carneficina imminente. Da segnalare anche un curioso brano ironico, quasi zappiano: "Clowns" è strutturato su una cantilena, comunque rovinata e distorta dal solito suono fetido. Hardcore nella migliore tradizione è "Southside Johnny", accompagnato da un ritmo accelerato spasmodicamente . È probabilmente il brano più veloce, dove si sente in maniera più evidente l'influenza delle migliori band californiane, Germs su tutte.

Le perle di questo breve ma intensissimo album sono davvero tante: anche "Wonder What's The Matter" è una di queste, grazie ad un flusso di coscienza inesorabile e un accompagnamento inusuale per il punk, che ricorda più il roots rock dei Gun Club. "Ha Ha" avvicina il suono di questi tre pazzoidi al voodobilly dei Cramps, mentre la chiusura è affidata a "I Wanna Ride", e al suo incedere accattivante, sincopato ed elastico al tempo stesso.

In definitiva, "Feedtime" è un trip allucinante nei meandri della follia, uno dei dischi più efferati e con meno preziosismi di rifinitura che la storia ricordi. L'arte, d'altro canto, si fa anche così.

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