Un bel faccino in copertina, rossetto rosso sangue, rimmel pesante e anello al naso, un gatto nero che ti invita a salvare la faccia. E' il modo di presentarsi dei Feline, autori di questo unico disco di rock inglese in bilico tra l'afflato decadente dei Placebo e le melodie vocali dei Cranberries. Il tutto si deve alla cantante/bassista Georgina Prebble (in arte Grog), autrice dotata di una voce cangiante che le permette di imporsi in assalti sonori all'arma bianca in una seconda parte del disco "difficile" ma, dopo ripetuti ascolti, forse anche migliore della prima ("Property" e "Can't Help Myself") e di abbandonarsi al contempo a sognanti atmosfere malinconiche in numerose pezzi lenti (tra cui spicca la toccante "Mother"). Interviene poi il chitarrista Drew Richards a valorizzare quasi tutti i brani con inserti di synth, ammantandoli spesso di una patina darkeggiante che col lato grezzamente rock crea un connubio davvero interessante la cui fascinazione cresce dopo ripetuti ascolti. Durati il tempo di una stagione non hanno saputo cogliere il successo e, falcidiati anche da innumerevoli cambi di formazione, si sono presto sciolti quasi senza lasciare traccia di se. Ma riascoltarli o riscoprirli dopo averli tenuti tanti anni ad impolverarsi sullo scaffale dimostra di nuovo come la musica vada a volte scovata come un archeologo fa con un prezioso reperto sepolto da tempo e chissà dove... Voto 7

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