Fermarsi sull'argine di una piazza affollata e cercare una storia; banale, originale, piccante, grigia, verosimile o surreale. Estrarre il miele dal viavai da insetto delle persone. La foggia dei vestiti, la consistenza degli odori, il taglio degli accenti, l'improbabilità delle posture e l'incessante accavallarsi di frasi smozzicate.
Scaldare il motore del sesto senso e lubrificare gli altri cinque. Vino? Forse, ma a stomaco pieno. Fumo? Può darsi, ma con cartina corta.
Teoria dei glitch applicata agli esseri umani.
Per Alva Noto sono un sistema di valori in equilibrio precario, un calderone ribollente di piccole oscillazioni inconscie. Per Alva Noto i glitch sono una filosofia che rimesta nel caos.
Per Vladislav Delay sono la comunicazione (verbale e non) di attori sulla scena, le intenzioni (palesate e non) dei personaggi di una storia. Per Vladislav Delay i glitch sono la drammaturgia di una pièce teatrale.
Poi c'è Fennesz. Fennesz e i glitch. I glitch di "Endless Summer" e Fennesz.
E la sua chitarra da rabdomante, a forma di "Y".
Non importa che vibri di reminiscenze folk, divagazioni liquide o concentrazioni drone; conta solo che sia lo sguardo di un uomo con il sesto senso acceso e gli altri cinque lubrificati, che peschi arpeggi nel mare increspato da storture al computer, che scovi percorsi fendendo brandelli digitali.
Quella voce particolare, quel vestito eccentrico, quel trucco sbavato, quel dettaglio vivido che infiamma la fantasia nel bel mezzo di una folla brulicante e che diventa il punto di partenza per imbastire una storia.
Per Fennesz i glitch sono granelli di sabbia da cui setacciare pagliuzze d'oro, dicerìe da bettola che ispirano leggende popolari, stelle di un cielo artificiale che tracciano rotte melodiche. Sono ciò che erano per Majakovskij le minuzie lette nei giornali: pruriti occasionali che indirizzavano le sue stoccate di sciabola.
"Endless Summer" è un disco dal gusto intenso, dalla fragranza ipnotica e dalle tinte cangianti. Un disco che ha la grana delle mille rifrazioni che chiazzano un paesaggio marino al levar del sole; il sole di un'estate senza fine, di un'immaginazione perennemente all'erta.
Il rumore di uno stivale che rimbomba sul porfido, un mozzicone di sigaretta imbrattato di rossetto, un ritaglio di giornale gettato sul marciapiede: le storie sono ovunque. Bisogna solo avere l'umiltà di chinarsi a terra e raccoglierle.
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