Knoxville è un viaggio lisergico ai confini del mondo conosciuto, in una terra sospesa tra contingenza e trascendenza, dove il reale e il fantastico si mescolano in un impasto omogeneo seppur ricco di sfumature, di emozioni.
Knoxville è un rito orgiastico di ambient, psichedelia post rock, shoegaze e kosmische.
Knoxville è la registrazione di un live, avvenuto per l'appunto nella città del Tennessee il 7 febbraio del 2009 e disponibile per gli ascoltatori di tutto il mondo dall'ottobre del 2010. Quel giorno tre figuri si ritrovarono sul palco e improvvisarono mezz'ora di musica pura. I tre erano Buck alla batteria (già nel gruppo jazz Necks), Daniell alla chitarra (già nel gruppo sperimentale Saint Agustin) e, alle manipolazioni elettroniche, l'austriaco Fennesz.

Il disco è aperto da un mesto arpeggiare di una chitarra tipicamente post rock, accompagnata dalle manipolazioni elettroniche di herr Fennesz che pone sopra di essa synth dissonanti e rumoristici, in un crescendo in cui Buck fa valere tutta la propria maestria alle percussioni. L'opera procede in questo modo, tra sibili cosmici, synth ora carezzevoli e morbidi, ora cacofonici e al limite del noise, tra rumori di fondo, chitarre liquide, feedback a valanghe e un lavoro percussivo sospeso tra rock, jazz ed avanguardia.
"Antonia" è il capolavoro dell'album, magnifica, dolce ed estasiante, canzone sospesa tra un ambient rarefatto e uno shoegaze morbido e malinconico (un po' Slowdive). Nella canzone finale si lascia posto ad un vero e proprio orgasmo di rumore, sette minuti di psichedelia pura ed estatica.

Un lavoro bellissimo, una psichedelia cerebrale ma non di così difficile assimilazione, ad ogni modo un'opera ardua da descrivere e da catalogare, una delle migliori uscite di questo ottimo 2010.

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