La guardo, e nei suoi occhi c'è già tutto. Qualcuno direbbe sconfitta, ma io non sarei così drastico.
Forse c'è l'abitudine. Forse spirito di adattamento. Magari quello che manca è proprio l'ambizione. Non manca l'amore, quello c'è, lo so. Potevamo comunque (dovevamo?) essere la coppia più bella del mondo - più bella soprattutto per merito suo - la più intelligente, sarcastica, la coppia più figlia di puttana di tutte. Avevamo tutte le carte in regola, la gente intorno riponeva grosse speranze in noi quando tutto iniziò, un po' di anni fa. Poi la quotidianità, la passione che affievolisce, non scompare, ma si normalizza, ecco.
Ma concentriamoci sull'ambizione. Perché è quella la parola chiave. In realtà, non lo siamo mai stati, ambiziosi. Quello che vogliamo è vivere in tranquillità. Adagiarsi sul flusso di cene in quieto silenzio, ma di quel silenzio piacevole, rilassante, che non crea imbarazzo, che non ti fa pensare "cazzo, devo dire qualcosa di brillante". Il nostro equilibro di coppia è questo. Non scoperemo più 3 volte al giorno come all'inizio, ma fa niente. Ora c'è la qualità.
I fratelli Brewis invece sì, che sono ambiziosi. Hanno la spocchia degli inglesi, la verità nelle mani. Suonano tutti gli strumenti, fanno (quasi) tutto da soli. Se ne escono con un disco doppio (20 canzoni, quasi 70 minuti di musica) che è una manata sulle palle di tutta la roba indie-rock-pop-prog uscita negli ultimi 5 anni. Sul serio, date retta al vostro zio geb e regalatevi questo disco. 5 stellette sono poche.
Trovatemi un altro gruppo che riesce a coniugare meglio dei Field Music abilità strumentale, melodia, incastri, soluzioni armoniche, ritmi che sono regolari solo per chi ha orecchie foderate di prosciutto. Dicono che siano troppo debitori degli XTC, e magari è pure vero. Ma qui c'è tanta roba. In primis: acquerelli prog-pop di 2 minuti e mezzo ("Something Familiar", "The Wheels Are In Place"), bombe power-pop alla Kinks ("Effortlessly") violini che si incrociano in jam rock psichedeliche ("It's About Time") college rock sghembo in salsa brit ("Clear Water"), i Supertramp schizzati di coca che incontrano i Flaming Lips ("The Rest Is Noise"), kraut funk robotico sciogli-ginocchia ("Let's Write A Book", pezzo dell'anno). Su tutto, una produzione calibratissima, dal suono molto analogico, molto in presa diretta, nonostante le canzoni siano piene di strumenti, anche sinfonici. I brani scivolano l'uno dentro l'altro, creando un flusso che vi trascinerà via. Credetemi, potrei continuare per molto ancora. Raramente, negli ultimi anni, ho trovato così tante idee in un unico album. Tutte a fuoco, tutte ben congegnate. Disco del 2010.
Non so se i fratelli Brewis normalizzeranno in futuro il loro approccio alla musica, così come noi abbiamo fatto con il nostro rapporto. Ma credo di no. Loro sono ambiziosi.
Noi due invece siamo tranquilli, gente semplice.
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