I Fields of Nephilim sono un gruppo del filone Gothic inglese di fine anni 80', attivo ancora oggi anche se col passare degli anni si è sempre più trasformato nel progetto personale del leader Carl McCoy, individuo inquieto sulle orme di Rozz Williams. Il gruppo deve molto in fatto di sonorità ai Christian Death, soprattutto a quelli più onirici di "Catastrophe Ballet", anche se a mio avviso il vero e proprio punto di riferimento di McCoy furono i coevi Sisters of Mercy. Il cantato è disperato e teatrale come quello di Andrew Eldritch, e le ritmiche ossessive e cupe come non mai. Del gruppo californiano è ripresa più che altro l'attitudine chitarristica, più celestiale che robotica come quella dei Sisters of Mercy, ovviamente togliendo gli abusi di feedback di Rikk Agnew. Nonostante il gruppo non si potesse definire originale, mi sento di poter dire che i Fields of Nephilim in "Downrazor" e anche nel posteriore "Eluzium" abbiano sfornato alcune fra le più suggestive cavalcate lugubri della decade. In questo disco, venuto alla luce nel 1987, il lato più selvaggio ed esoterico del movimento Goth - Death Rock, viene esacerbato in violenti deliri che faranno le fortune (relative) di gruppi come Red Temple Spirits.
L'impressione maggiore la destano gli improvvisi cambi di direzione dei brani, poichè spesso e volentieri si passa da situazioni opprimenti ad arpeggi lisergici e cristallini ("Mask" docet ) , che rendono di una sfavillante cupezza brani che altrimenti sarebbero solo sterili derivativi. Dopo una intro di due minuti nella quale si alternano fraseggi puliti e rumori inquietanti frammisti alla tetraggine delle tastiere, il disco esplode nella violenza di "Slow Kill". Un'arpeggio disperato stona eppure ammalia con un basso martellante e lugubre, il cantato rassegnato e teatrale a metà fra Eldritch e Peter Murphy pur nella sua esasperata enfasi è semplicemente perfetto. Il brano scorre che è un piacere e termina con un sinistro riff distorto. La successiva "Laura II" annovera uno dei cambi di ritmo più allucinati di sempre, poichè se più di metà del brano è un sostenuto pow - wow alla "Into the Flat Field", comunque gradevole , a un paio di minuti dalla fine si spenge ogni cosa e attacca un'arpeggio straordinario almeno come quello di Johnny Marr dei tempi d'oro propulso sempre e comunque da un batterismo tribale e vibrante fino a un fade - out che lascia con la bocca zuccherosa. Se la successiva "Preacher Man" è un puro esercizio sul tema, "Volcane" si fa notare per le tastiere oniriche e il piglio da romanzo horror ottocentesco. "Vet for The Insane" rallenta finalmente i toni fino a qua estenuanti in un medio - lungo lamento saturo di riverberi vocali proto - Peter Steele, ed è uno dei brani più significativi del lotto, sicuramente il più carico di Spleen, ed è avvalorato da una cesura raccapricciante con un carillon di voci infantili. "Secrets" e "Dust" sono ancora veementi sfoghi contro tutto e tutti (in una vena à la Fall in una giornata triste), "Reanimator" è un voodoo trascinante e fa leva su una voce stavolta piu cattiva che enfatica. "Power" è una allucinata variazione sul tema vampirico, introdotta com'è da forti stridori e forte di un giro di basso clamoroso, mentre "The Tower" è uno dei capolavori del disco, poichè pur contando su un ritmo che vive di continui sossulti, i rintocchi tenui di chitarra riescono a creare un'atmosfera da incubo interpretata al megli da McCoy e dal suo latrato estenuante contrappuntato da un suggestivo sax che giace in uno sfondo da psicanalisi. Sorta di ballad che malata è dir poco, la title - track "Downrazor" è l'ennesimo deliquio macabro, che conta su una progressione arpeggistica da brividi e su una sezione ritmica eccezionalmente flessibile. Il cantato diventa rantolo demoniaco, in un crescendo di rumori dawalpurgisnacht che terminano in un finale condito da versi bestiali. Sulla falsariga dell'intero lavoro, la finale "The Sequel" sforna l'ennesimo geniale scampanellio che si spenge dopo un minuto esatto soffocato dalle urla disperate di una ragazza,seguite da alcuni istanti di rumore stridente.
"Downrazor", e l'opera dei Fields of Nephilim, ha il pregio di esaperare i baccanali tribali di Sisters of Mercy e Bauhaus sposandoli all'attitudine demoniaca dei "Christian Death", e iniettando al tutto un chitarrismo tutt'altro che banale fondato su rintocchi ipnotici e su sfuriate improvvise.
Le loro composizioni qua sono fresche anche se nel corso dello stesso disco a volte il rischio è l'auto citazione. Tuttavia alcune canzoni splendono talmente di un'aura malvagia e affascinante, che eventuali ripetitività sono secondarie e forse costituiscono un filo comune per questo estenuante rito esoterico.
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