Ok, mi recensisco.
Anche se è parecchio tempo che non mi ascolto. Ma mi sono ascoltato molto in passato.
Conosco gli alti e i bassi, le vette innevate e i mari cupi.
E ho visto i raggi B balenare nel buio…no forse questo è un altro film….
Ma Carl McCoy è un po’ un replicante, un navigatore delle galassie oscure, una specie di cowboy errante in bilico fra la caricatura di zorro e un diafano belzebù dal cuore misterioso. Ma non è il suo (presunto) fascino che mi interessa, non ho mai subito il fascino di un cantante, se non di personalità “totali”, come Leoard Cohen, Roger Waters, Nick Cave, Faber o lo stesso Francesco De Gregori.
I campi Elisi. Elysium. Elizium. Il paradiso della mitologia greca.
Un posto, ai confini del mondo, forse nel cielo, dove si vive perennemente sereni. Dove dimorano le anime degli Eletti, di coloro che in terra si sono procurati, con il loro merito, con un comportamento virtuoso, il diritto a godere in eterno dei soffi di zafiro, che scivolano lievi sulle distese infinite di anemoni bianche, inondate di luce. Lì non c’è sofferenza, non esiste dolore.
È questo che mi interessa. Perché se c’è un Elysium, c’è anche una Ade, immagine del suo stesso dio Orco da cui prende il nome, o meglio una parte di esso, il Tartaro, la voragine sotterranea dei reprobi, dove sono rinchiusi i Titani, i Ciclopi e altri mostri, e tutti i mortali dannati, ricacciati per sempre nelle costrizioni del buio e delle piaghe.
Tutta questa pippa, direte, dove vuole andar a parare ?
Vuole andare a dire il perché questo disco mi è rimasto nell’anima. Disco classificabile di gothic rock, di un gruppo etichettato come emulo dei più noti The Cult o Sisters of Mercy, ma a mio giudizio di un livello ben superiore, sia nella raffinatezza stilistica che nell’estro creativo.
Con la voce cupa e gutturale di Carl McCoy e le tipiche trame funeree disegnate da incroci di bassi e chitarre riffate, alternate a limpide e rallentate aperture dove si stagliano arpeggi e colpi sincopati di batteria, I Fieds of the Nephilim portano l’Elysium dentro l’Ade, o viceversa, attraversano il secondo per ritrovarsi, a tratti, nella sorpresa meraviglia del primo, rallentano i battiti per poi accelerare i respiri, placare improvvisamente corse affannate nel quieto pulsare di un istante infinito. Uno sviluppo ritmico adrenalinico che lascia il passo a pause di rarefatta ambientazione sospesa, con il supporto melodico delle tastiere, nella quale la voce di Coy si ammorbidisce, diventa meno lugubre, ma pure sempre totalmente nera, rimbombante, in un mix di tensione e di attesa ribollente di rinascita, di risalite vorticose da meandri ristagnanti, verso un faticoso riaffiorare nelle paludi, di un a tratti rassicurante, a tratti inquietante limbo sonoro.
E’ questa la loro peculiarità di dark gothic, che si sviluppa in lunghe suite come “At The Gates Of Silent Memory (Paradise Regained)”, uno dei pezzi più riusciti quanto forse misconosciuti, in cui i Mostri ad un tratto incontrano gli Eletti, o forse si trasformano in essi, e la smorfia nera e slabbrata delle loro urla si tramuta in un silenzio sospeso, spezzato da una luna lontana, che prelude ad un’alba.
Forse, allora un altro mondo è possibile, in cui si possa fare a meno della dicotomia fra giusto e ingiusto, fra puro e dannato, perché l’uno si tramuta nell’altro, in base ad uno sguardo o una voce, e l’uno si alimenta dell’altro, Bios e Thanatos si tendono la mano, ci dicono che qui è paradiso ed inferno.
L’eredità che lasciano i Fields of The Nephilim è questa, e questo messaggio si coglie anche nella scelta del nome del gruppo, che si richiama ai Nefilim, il popolo narrato nell’Antico testamento, nato dall’incrocio fra gli angeli caduti, ribelli e le "figlie degli uomini", da loro sedotte e istruite alla magia e allo spergiuro. I Nefilim erano di statura gigantesca, avevano una forza prodigiosa ed un appetito insaziabile, che, dopo aver consumato tutte le risorse della terra, li portò anche a nutrirsi di esseri umani.
Dilaniato dalla sua stessa follia esoterica, lo sciamano profeta dell’occultismo ci indica un posto e ci traccia una strada, vuole nutrirsi del nostro animo, sta a noi essere angeli-demoni, torbidi eterei, reprobi puri, in una perpetua metamorfosi nella quale non vi è possibilità di uscita. La nostra condanna, la nostra salvezza.
Mi stai tentando per tutta la vita
Portami al sogno
Per gli alti e le profondità della mia anima
Qui abbiamo pensieri liberi dentro
Rinunciare per dare tempo
Un mondo senza fine
Dove nessuna anima può discendere
Non ci sarà estate
Come è stata la vita persa
Paura di svegliarsi
Così paura di accettare il sogno
Prendi il sogno
Stai attento
Forme di angeli, la notte proietta
Giaccio morto ma sognando nel mio passato
E sono qui
Vogliono incontrarti
Vogliono giocare con te
Non posso liberarmi
E li sento chiamare
Vogliono tormentarti
Sono stati qui ancora una volta
Vogliono stare con te
Portami lontano
Portami la
Là svanirò
Siamo solo degli stupidi del nostro destino
Su questa terra, aspetterò
Dalle radici della mia anima
Sto perdendo il controllo
Forme di angeli così profonde dentro di te
Senti la tua anima annegare
Libera la tua anima
Annegamento, annegamento
Annegando nelle acque della realtà
Dimmi cos'è la realtà?
Dimmi cos'è la realtà? Dimmi
Dimmi pensieri di Dio
I sogni cadono da Dio?
Scendiamo tutti
Prendimi, prendimi
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