Dopo i primi due album, "Finisterre" e "In Limine" dai voluti richiami al progressive degli anni settanta, nel 1999 i Finisterre danno alle stampe per l'etichetta italiana Iridea Records "In ogni luogo", album dalle atmosfere particolari e diverse dai due precedenti lavori. Se appunto soprattuto in "In Limine" il sound del gruppo si era attestato su evidenti richiami ad un tipo di progressive molto anni 70, con questo lavoro se ne chiaramente discostano per abbracciare atmosfere jazz-rock in cui le tastierre spariscono per lasciare il posto alla chitarra di Stefano Marelli, assoluto protagonista del disco.
I Finisterre cercano quindi di coniugare la complessità del progressive con suoni relativamente moderni, in bilico tra l'elettronica e atmosfere ambient molto ricercate ed eleganti nelle quali si inserisce perfettamente la voce dolce e delicata di Francesca Lago e il violino di Sergio Caputo.
Stefano Marelli è come detto assoluto protagonista, riesce infatti a creare con la sua chitarra assoli che spaziano tra riff hard-rock veloci e potenti a riff melodici e psichedelici con echi floydiani e atmosfere simili a quelle create nelle loro lunghe suite dai primi Porcupine Tree di Steven Wilson.
"Tempi Moderni" apre il disco con un alternarsi di assoli veloci e assoli psichedelici in un susseguirsi ininterrotto di note e sensazioni che vengono spazzate via da "Snaporaz", traccia in cui il violino nervoso e acido di Caputo accompagna la chitarra distorta di Marelli in un dialogo immerso in frasi tratte da la "La dolce vita" con Marcello Mastroianni. Il sound si fa più duro con la chitarra che va a disegnare atmosfere hard-rock in "Ninive" lasciando però presto il posto ad un'atmosfera in bilico tra l'ambient e il jazz con la voce di Francesca Lago in primo piano in "Ogni Luogo" e "Continuitàdilaraneltempo" a scandire e rimarcare queste atmosfere cosi dolci e delicate.
Marelli ancora protagonista ad accompagnarci in una spirale lisergica con assoli floydiani immersi nell'elettronica e nella ritmica ipnotica e straniante di "Coro Elettronico", nell'atmosfera quasi acustica e classica di "Le città indicibili" dove Caputo con il suo violino ricama una meravigliosa trama sonora che si perde poi tra le nebbie psichedeliche e dilatate di "Agli amici Sinestetici" in cui Marelli cosi come nella prima traccia varia il suono in continui assoli ora melodici ora molto più duri. Trascinante poi in "Peter's house" con un ritmo incalzante quasi senza respiro che sfocia nel jazz-rock calma e rilassato di "Wittgenstein mon amour".
È ovvio che i Finisterre in questo disco non facciano progressive in maniera classica, non ricalcano nessun cliché anni settanta ma in realtà cercano di dare uno spunto del tutto personale ad un movimento che molto spesso ripete all'infinito schemi classici senza apportare niente di nuovo. In questa ottica quindi i Finisterre in "In ogni luogo" e soprattutto nel successivo "La meccanica naturale" metteranno su disco un crossover di generi: progressive, elettronica, jazz, post-rock, senza mai essere inutilmente dispersivi o tecnicamente fini a se stessi.
Un disco consigliato quindi agli amanti del genere e non, un disco che non ha pretese d'innovazione o pseudo intellettuali ma ci presenta un gruppo che si mette in gioco cambiando il proprio modo di suonare e comporre senza rinunciare alla complessità tipica dei musicisti progressive, un lavoro fluido che si lascia piacevolmente ascoltare in tutta la sua durata.
"Echeggia il coro elettrico di mille scintille accese come un respiro lento, mare della Luna. In silenzio. D'improvviso balzo al di là senza cercare in ogni luogo. In silenzio"
(da "In ogni luogo" di Fabio Zuffanti)
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