A trentasei anni e dopo cinque bellissimi album con i The Veils, Finn Andrews si lancia nella sua prima avventura solista con questo “One Piece At A Time”.
Registrato nella terra natìà di Andrews (Auckland, in Nuova Zelanda), si tratta di un progetto molto personale a livello lirico e tematico (la foto di copertina è uno scatto dello stesso Finn all’età di nove anni), e ben lontano dagli stilemi della band d’origine. “One Piece At A Time” è un disco molto composto e classico sia nella composizione che nell’esecuzione, ed è perfettamente cucito attorno alle notevoli capacità vocali del leader dei Veils.
Quasi tutti i brani sono strutturati in maniera molto meno complessa rispetto a quanto fatto da Andrews con la sua band, ed episodi come “A Shot Through The Heart (Then Down In Flame)” e “Stairs To The Roof” mettono in evidenza un’insospettabile attitudine pop del cantautore neozelandese.
La sontuosa “Love, What Can I Do” è aperta, non a caso, dagli accordi di piano del padre di Finn (Barry Andrews, ex tastierista degli XTC): una conversazione jazzata padre-figlio toccante ed avvolgente, impreziosita da delicate rifiniture affidate a contrabbasso.
Ma è con “One For The Venom” che si raggiunge l’apice dell’album; una mazzata à la Nick Cave che parte claphands e voce per poi crescere in un vortice travolgente di tocchi di piano ed archi, ove Andrews elenca come invasato una serie di modi per morire. “The Spirit In The Flame” viaggia verso lidi più blues, mentre “Hollywood Forever” è il brano che maggiormente richiama gli stilemi della band madre.
Un signor esordio solista, questo di Andrews. Un piccolo gioiello intimo ed autobiografico che apre squarci inaspettati su di una carriera solista che potrebbe regalare altre sorprese.
Brano migliore: One For The Venom
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