Fiona Apple, a cinque anni di distanza dal precedente "When The Pawn", per il suo ritorno sulle scene è stata coinvolta quasi suo malgrado in una curiosa polemica con la propria etichetta discografica; la Sony infatti avrebbe costretto la giovane artista statunitense a riscrivere il nuovo album, avendolo ritenuto poco “appetibile” nella veste iniziale. La notizia (confermata dai provini dell’intero album finiti sul web agli inizi del 2005) è giunta in qualche modo ad alcuni che fans che hanno subito avviato una petizione on-line per obbligare la Sony a pubblicare il terzo album della Apple. L’aspetto più interessante della vicenda resta l’assoluta estraneità di Fiona alle proteste fatte in suo nome; è stata infatti lei stessa a decidere, senza alcuna apparente pressione esterna, di accantonare il lavoro fatto col produttore storico Jon Brion per avvalersi dei servigi di Mike Elizondo, fino ad allora avvistato negli studi di rappers quali Eminem o 50 Cent.
Le dodici canzoni di "Extraordinary Machine", a parte la prima e l’ultima traccia rimaste fedeli alla stesura originaria (quella di Jon Brion, per intenderci), ci presentano una Fiona Apple in ottima forma. L’inseparabile pianoforte che l’accompagna fino dal suo debutto ("Tidal", del 1996) ricopre ancora un ruolo di primo piano, ma rispetto agli esordi lo stile del lavoro rinvia decisamente al secondo album "When The Pawn". Le ricche orchestrazioni, a differenza del passato, non soffocano tuttavia l’urgenza che affiora dai testi di un’artista ormai matura.
La rottura col compagno Paul Thomas Anderson – regista cult di pellicole come Magnolia e Boogie Nights – ha evidentemente aiutato Fiona nel conferire a canzoni come "Get Him Back", "Better Version Of Me", "Please Please Please" e "Not About Love" un valore catartico di indubbia efficacia.
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