In camera mia c'è una grossa porta-finestra. Dà su un piccolo terrazzo che si arrampica su un poggio, aggrappato con le unghie ed i denti. Subito sotto un piccolo canneto giallo spento, come il sole delle giornate fredde di questo lungo inverno. Oggi c'è un po' di vento, le fronde degli ulivi si muovono e si dimenano, le nuvole si susseguono ad un ritmo serrato. Passeggere, le nubi, sono destinate ad essere rimpiazzate da altre in queste giornate. Un po' come tutto ciò che si affaccia nelle nostre vite. I magri rami danzanti mi ricordano un po' i lunghi capelli castani, tendenti al biondo, di alcune esili ragazze con radici piantate al suolo. Piccole donne che non riescono a staccarsi dal loro terreno nemmeno volendolo, legate a chissà quale linfa vitale, incatenate ad un suolo che un po' le nutre ed un po' le rende schiave. Tutti hanno bisogno di una valvola di sfogo, di un'evasione impunita, di una qualche illusione di libertà.
Mi piace pensare che Fiona sia una di queste ragazze, talmente fragili e deboli da risultare, per contrasto, quasi invincibili. Mi sono sempre piaciute le persone che sembrano nascondersi, vergognandosi di non aver da mostrare solo una superficialità evidente. La sensibilità la si scopre, non la si vede. La Apple non ha paura ma è terrorizzata, vive "On the Bound". Sul confine tra un passato difficile e un talento sincero. L'onestà della sua musica è lo specchio di qualcosa di semplice e straordinario. Seduta al piano può diventare un orco in grado di soggiogare l'ascoltatore con la sua violenza dolce. "..and the future is on the bound, hell don't know my fury". Si vive su un piccolo confine e si pensa di essere sull'orlo di un'esplosione. Si prova a ponderare, cercare di considerare le variabili, trovare una soluzione logica a qualcosa che non segue nessuna regola. E così si arriva a sussurrare: "..i do imbue my blue into myself, i make it bitter.." subito dopo aver urlato: "You're all i need". Capita di sapere di chi avremmo bisogno, di riconoscere un nostro simile, ma di non poter fare a meno di rinunciarvi. Lottare sarebbe troppo complesso, complicato. Cosi ci lasciamo in balia di noi stessi, imprigionati da sbarre di vetro di zucchero. L'incedere della musica è marziale, come le sentenze dell'animo. Il piano accompagna basso e batteria. Fiona è una cantautrice pop moderna. Sa interpretare, e con passione, se stessa. Attinge con il contagocce dal soul e dal jazz, ma senza perdere il filo di un'espressività minimale. Nella sua musica c'è la rabbia, la disperazione di chi è un essere pensante in un mondo di pecore ammaestrate. E mentre la ascolto capisco che forse non siamo pochi in queste condizioni. Una strana luce avvolge lo scampolo di mondo che vedo. Il vento ora è leggero. La ragazza si conosce, ha imparato a convivere con le sue debolezze, a tributare chi la apprezza ciò nonostante. In "Love Ridden" però ammette con coraggio il suo difficile rapporto con la sessualità: "..I want your warm, but it will only make me colder when it's over, so i can't tonight baby..". Un'amore che lascia delle cicatrici ancora prima che ci colpisca. Ancora prima che la fiamma sia stata accesa c'è già troppa luce per non mettere la mano davanti ai nostri occhi, in protezione, a proteggerci da qualcosa che sappiamo che potrebbe essere bellissimo, ma a cui rinunciamo. La dimensione confidenziale di "Paper Bag" mi cattura. Basso e piano partono in sordina, l'atmosfera lounge è servita appena parte la batteria e si aggiungono gli altri strumenti. "..Hunger hurts, but starving works, when it costs too much too love..". Il bisogno di amare è doloroso, ma il digiuno, a volte, ci appare come l'unica soluzione possibile, la sola via d'uscita quando tutto appare così duro e difficile. Forse si riflette troppo, per non farci del male e non creare dolore a qualcuno ci sacrifichiamo. Vestiamo la corona di spine senza pretendere la beatificazione. Vorremmo sbagliare almeno una volta, fare una scelta errata, trovare una soluzione scomoda per qualcun altro. Fiona in "Mistake" prova a rivendicare questa libertà, ma chi ha ali per volare in alta quota difficilmente riesce ad abbassarsi, siamo destinati a questo. Il brano è suadente, quasi sensuale. Il groove di basso e la chitarra effettata lo rendono molto catchy ed atmosferico. In "Fast as you can" c'è la traccia di una ricordo difficile, di un momento tremendo per la vita di una ragazza. Onore a chi riesce a rievocarlo con cosi grande coraggio. Le magiche "Get gone" e "I know" rallenteranno un po' la tensione creata avvolgendoci in un'atmosfera molto classica e ricercata. Il disco è maturo, completo e scorrevole.
Continuo a "sentire", e riguardo la porta finestra di camera mia. Un'azione abituale ma che assume significati differenti ogni volta che la pratico, intrisa di sogni e speranze. C'è un tappeto rosso che dorme su degli scalini di mattone. Si srotola in un angusto corridoio, ci sono foto in bianco e nero e manifesti stropicciati di attempati concerti. Ognuno di essi rappresentante di momenti degni di essere vissuti. Le lampade illuminano con gentilezza le ruvide pareti ocra, come se non volessero disturbarle nel loro torpore senza tempo. Il vicolo si apre in una grande sala circolare, i tavoli di ebano odorano di un misto di fumo di sigari e prodotti per la lucidatura. Sopra di essi, delle tovaglie dalle lunghe frange ingiallite. Grandi calici sono pronti ad ascoltare storie e a degustare qualche buon vino. Alle pareti delle spesse tende che ne ricordano il colore, pulite, ma intrise di polvere di vita vissuta. Il legno sotto i miei piedi scricchiola appena ed emana il calore umano di chi vi ha camminato precedentemente. In fondo a questa sala c'è un ampio soppalco. Non è troppo in alto, cosi da permettere una visione ottimale di chi vi alberga. Un paio di poltrone ai lati di esso come a voler rimarcare la sensazione di accoglienza che si respira. Al centro, un pianoforte a coda nero, una semiacustica vintage, una stratocaster americana degli anni cinquanta, un contrabbasso e una batteria con i suoi piatti, un po' opachi ed un po' lucenti. Mi siedo ad un tavolo in terza fila, non cosi vicino da sentirmi in imbarazzo, ne cosi lontano da potermi perdere anche solo una nota. La seduta è confortevole e rilassante, sposto leggermente la candela a destra, ed un vaso con dei gigli freschi a sinistra. Il loro candore crea un azzeccato contrasto con l'atmosfera di calore della sala. Sulla panchetta di fronte al piano una ragazza suona attendendo che la sala si riempia, indecisa tra la malinconia e l'ansia del momento. Ha un vestito giallo, dei lunghi capelli castani tendenti al biondo che le arrivano poco oltre le spalle. Non si è accorta del mio arrivo silenzioso, assorta un po' nei suoi pensieri ed un po' in quello che sta suonando. La osservo e mi sembra quasi di vedere i suoi capelli mossi dal vento, come fossero fronde di ulivi ben radicati al terreno. Capelli mossi da un vento suadente, che possa portare via le nuvole dalla sua esistenza..
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