Descrivere la personalità di un cantante, attore e artista del calibro Fish, si presenta come un compito relativamente arduo, poiché ci sarebbero pagine e pagine da scrivere. Presentando il suo album, "13th Star", e celebrando il ventesimo anniversario del capolavoro dei Marillion "Clutching At Straws", Fish approfitta dell'occasione inventandosi Clutching at Stars, la tournee che ingloba i due eventi. La magia si svolge al Musicdrome di Milano, ex Transilvania, dove l'ambiente del simpatico localino è intimo al punto giusto e si presta a diventare teatro del prototipo di concerto perfetto.

Entra dunque il grande Derek Dick in arte Fish, figura imponente dalla stazza piazzata, con un'enorme maglietta nera, con tanto di stella marina a simboleggiare l'effige del nuovo lavoro in studio appena uscito. La testa rapata, per non dire pelata, sulle braccia due tatuaggi celtici, simbolo del suo vero e proprio imprinting caledone. Ancora non riesco a credere di essere lì, a meno di un metro dal mio mito, insieme a Roby86 e shooting star, anch'essi visibilmente e lietamente impressionati. Fish porta il solito enorme fazzolettone alla Arafat, ormai tutto ingiallito, reduce da tour e concerti gloriosi, come ad esempio a Lorelei con i Marillion nel 1987, di cui esiste anche un filmato. Si aprono le danze con Slainte Mhath, con il pubblico che urla le parole della canzone, trascinato dalla superba melodia e Fish, compiaciuto, incita a partecipare con maggiore slancio. Per non parlare di So Fellini, un pezzo in cui il pubblico si fa sentire non poco.

"We love you, Fish!" gli grido, e lui mi risponde per le rime con una gag: "I love you too, but I can't love a male", e la risata si fa generale. Fra un pezzo e l'altro è semplicemente cabaret, lo humor tagliente e l'accento marcatamente scozzese formano un mix irresistibile, soprattutto quando si parla di calcio: "You fucked up my whole summer, you lucky fuckin' bastards!" esclama, simulando vistosamente una caduta, che rappresenterebbe il modo di giocare a pallone di noi italiani; poi denigra gli inglesi, anch'essi non qualificati agli Europei, ridendo di gusto per la grande consolazione. Sempre all'insegna dello humor parla anche di amori e cuori infranti, di road manager con mogli che devono partorire e del presunto cameriere della band che è scappato, scusa buona per fa apparire sul palco, con una bottiglia vino di bianco, la figlia di Fish, Tara, che "mi riporta tenendomi a braccetto se mi ubriaco sul palco", come afferma lui. E poi ironizza sull'età del pubblico: "I shine" esclama ridendo, riferendosi alla sua pelata che riluce sotto i riflettori. "You shine, and you shine too, although you try to hide it" dice quindi indicando i vari pelatoni di mezza età presenti nel pubblico. È semplicemente spassoso. "Quanti possiedono 13th Star?" chiede, mentre molte mani si alzano fra il pubblico, "beh per tutti gli altri, questo è il nostro nuovo album. E poi dopo non venite a borbottare perplessi: ‘Ma questa da che cazzo di album è questa canzone?'". Detto così, non risulterebbe neanche così comico, ma bisognava proprio essere lì per capire quanto fosse brillante e spiritoso il nostro scozzesone.

E così presenta i pezzi del nuovo album: grandiose sono Circle Line, Square Go, Manchmal, ma rimango colpito soprattutto dall'ottima Dark Star, a mio modesto giudizio il pezzo migliore di "13th Star". La band è perfetta, riflette il nuovo mood della direzione presa Fish, ossia deliziosamente rockeggiante. Eppure, bisogna anche dire che la band un pochino scompare a livello scenico, eclissata dal proprio cantante. Fish incarna ancora l'anima dei vecchi Marillion, i suoi occhi sono semplicemente magnetici, la sua faccia è una maschera che si trasforma in tutti i personaggi più o meno bizzarri che è riuscito a creare nel corso degli anni. La sua gestualità è accattivante, cattura tutta l'attenzione su di sé. Riesce a zittire il pubblico con uno sguardo o un gesto, magari per sparare poi una cazzata delle sue, ma il carisma traspare anche quando non parla. Fish è un personaggio che irradia un'aura particolare, è un esempio di uomo straordinario.

A questo proposito rimarrà per sempre memorabile l'interpretazione di The Perception Oh Johnny Punter, che, oltre alla perfetta esecuzione dei musicisti, ci offre un Fish istrionico al massimo delle sue potenzialità e che ammalia semplicemente il pubblico, con una parte recitata sul sottofondo di tastiere pregna di pathos e suspence, riuscendo nello stop della canzone a far letteralmente tacere l'intera sala, cala un silenzio di quasi mistica attesa, prima che venga violentemente ripreso il granitico riff. La sua faccia riesce a cambiare dal serio al faceto in un lampo, incredibile! E che dire del trittico Hotel Hobbies/Warm Wet Circles/That Time Of The Night? Che dire? Non ci sono parole per descriverlo, bastava chiudere gli occhi e sembrava di sentire i buoni vecchi Marillion d'un tempo, quelli che oggi purtroppo non esistono più, una prestazione semplicemente oltre ogni aspettativa.

E poi parte il meraviglioso intro di tastiere di Vigil, e Fish inaspettatamente fa un bagno di folla, camminando in mezzo noi, scavalcando la transenna proprio davanti a me: io sono praticamente in prima fila e riesco a dargli un'affettuosa pacca sulla spalla, non mi laverò mai più la mano. Fa il giro della sala cantando, il pubblico è letteralmente rapito. Si ferma poi a cantare direttamente in faccia a Roby86, il quale sembra non capire più un cazzo. Del resto è comprensibilissimo, è emozione alla stato puro. Struggenti anche le interpretazioni di Sugar Mice e White Russian, ed anche qui vale il discorso dell'interpretazione sul livello dei Marillion dei tempi d'oro.

La band è sostanzialmente fatta su misura per Fish: suonano tutti molto bene, senza steccare una sola nota, ma sono dei perfetti sconosciuti al grande pubblico (Steve Vantsis, basso; Foss Paterson, tstiere; Gavin John Griffiths, battera; Chris Johnson, seconda chitarra), con la sola eccezione del chitarrista Frank Usher, il veterano che accompagna lo scozzese dal primo suo disco solista, e difatti riesce a strappare applausi e perfino un coretto in suo onore verso il finale. Difatti, al primo encore, viene suonata Cliché, in cui Usher pianta dentro un assolo di chitarra formidabile e la scena è per un momento tutta per lui, dopo che Fish se n'è andato un attimo dietro le quinte. Poco prima avevano suonato un versione favolosa di Incommunicado, lasciando estasiati tutti i fan presenti. Usher sente di più i pezzi di Fish, perchè sono in parte anche suoi, mentre i pezzi dei Marillion si limita un pò ad interpretarli, più che a sentirli come suoi. Il chè comprensibile. Al secondo encore, Fish, con la sua bella maglia della Scozia numero 13 con sopra il suo nome, propone il capitolo finale sia di "Clutching At Straws" che del concerto: The Last Straw, il delirio generale! Tutti cantano in coro: "I'm still drowning/Clutching at straws".

Neanche lo strampalato nugolo di ultraquarantenni ubriachi fradici, vestiti da ufficio con tanto di camicia azzurra, occhialini da contabile e alito che puzza di birra di quarta categoria possono rovinare una serata tanto stupenda. Certo, fa specie vedere gente che potrebbe avere l'età di mio padre pogare come dei ragazzetti punkettoni del liceo. Rido, pensando a quanto sia caldo, simpatico ed entusiasta il pubblico italiano, uno dei migliori al mondo. La festa finisce qui, il concerto è stato fenomenale, oltre qualsiasi stima di approssimativa aspettativa. Shooting star è emozionatissima, come me del resto. Il leggerissimo calo di voce del sontuoso cantante nei pezzi vecchi, alla fine, si è rivelato totalmente irrilevante, anzi, nessuno sembra averci fatto neanche caso, tanto siamo stati stregati da questa perfetta serata di musica e magia.

E poi, vedere lo "zio" Roby86 con un'espressione totalmente inebetita, per non dire rimbigolita mentre Fish che gli canta Vigil a meno di venti centimetri dalla sua faccia, non ha davvero prezzo.

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