Nel 1971 il chitarrista Peter Banks viene buttato fuori dagli Yes a causa di seri problemi di droga e quindi di affidabilità e rendimento. Era lui ad aver trovato il nome al gruppo e contribuito attivamente al suo assemblaggio, suonando poi nei primi due discreti ma un poco anonimi album senza personale infamia né lode, con uno stile misurato e non molto brillante.
Per sostituirlo gli Yes si affidano a Steve Howe e non se ne pentono di certo: col successivo 'The Yes Album' il maggiore talento del nuovo chitarrista risplende subito, accelerando di molto il processo di maturazione tecnica dei compagni e la messa a fuoco del progetto Yes, con la qualità e la personalità delle musiche che subisce un'imperiosa impennata sì da far decollare effettivamente e definitivamente il gruppo.
Banks non si perde comunque d'animo e si riorganizza trovando nuovi musicisti ed un diverso, ma sempre rapido e semplice nome per un nuovo gruppo: Flash appunto. Quando è pronto il primo album dei Flash (fine 1971) gli Yes hanno già fatto fuori anche il 'normale' tastierista Tony Kaye inserendo al suo posto il 'super' Rick Wakeman. Il buon Kaye lo ritroviamo allora proprio a dare una mano a Banks nell'album d'esordio (dal titolo omonimo "Flash"), restando però come musicista esterno e con compiti secondari. L'idea di Banks è evidentemente di fare tutto con le chitarre, gradendo un tipo di progressive più asciutto e swingante, lontano dalle pachidermiche strutture pseudo-sinfoniche verso le quali stanno correndo (rimanendone poi un tantino ingolfati) i suoi ex-compagni. Quando l'anno dopo esce questo secondo album infatti di Tony Kaye non vi è più traccia. Flash è dunque un quartetto dalla struttura classica: cantante chitarrista bassista e batterista.
Per fare bene le cose in un trio strumentale, privo di seconda chitarra nonché di tastiere, è indispensabile che la sezione ritmica abbia le palle, e Banks trova gente che ne ha di grandi: Mike Hough è un drummer pregevole, con quello stile agile e creativo, di base jazz, proprio di gente come Bill Bruford (Yes) o Phil Collins (Genesis): un gran bel musicista, meritevole di ben altre fortune rispetto a quelle incontrate (chissà dov'è ora?). Per il ruolo di bassista Banks ingaggia un perfetto clone del fuoriclasse degli Yes Chris Squire, tale Ray Bennett: lo stesso timbro secco e risoluto sullo strumento, le stesse brillanti e imprevedibili divagazioni soliste, un ruolo centrale e portante nel missaggio generale. Come Squire, Bennett ricopre anche il ruolo di seconda voce con sporadiche sortite soliste, non possedendo però in questo caso le grandi doti del suo musicista di riferimento sia a livello di timbro (assai nasale e povero il suo) che soprattutto di fantasia armonica nei cori (la peculiarità del suono Yes deve molto alle capacità arrangiative dell'ex-corista liturgico Squire, un maestro nell?inventarsi quarte seste none e undicesime a profusione per armonizzare impagabilmente il canto solista del socio Jon Anderson).
Il punto debole del gruppo è proprio la voce solista: Colin Carter se la cava discretamente con un timbro acuto e sonoro, carente comunque di carisma e fascino. Anche di questo musicista verranno perse le tracce dopo l'esperienza Flash, con meno rimpianti sicuramente rispetto ai due compari della sezione ritmica. E la musica dunque? Un grintoso e brillante rock/progressive con sfumature jazz, 'asciutto' come si diceva grazie all'assenza delle tastiere ed alla predilezione di Banks per timbri puliti, poco distorti. Il chitarrista usa tantissimo l?opportunità di sovraincidersi per circondare il solido ed agile incedere di basso e batteria con chitarrine provenienti da ogni dove, con studiato e diversificato timbro grazie all?uso intensivo di pedale wha wha, effetto leslie, riverbero eccetera. La discografia Flash prevede soli tre albums, incisi tra il 1971 ed il 1973 prima che il gruppo venga privato di ulteriori chances dall'industria discografica per la solita insufficienza di vendite. Il disco più noto e diffuso è il primo, il migliore è il terzo ("Out Of Our Hands") ma ho scelto questa seconda opera perché contiene il loro capolavoro "Lifetime". E' un brano lungo dieci minuti posto all'inizio del lavoro, firmato dal cantante Carter ma dominato da Banks, che qui si riscatta alla grande e definitivamente dalle anonime prove offerte con gli Yes restando al proscenio dal primo all'ultimo secondo con le sue molte chitarre in azione, sia ritmiche che soprattutto soliste. Il suo background jazz gli permette di swingare piacevolissimamente fra le pieghe della canzone e nei generosi sipari solistici affidatigli, concedendosi pure un assolo 'in diminuita' verso il centro del brano (è una scala armonica assai esotica in cui tutte le note sono rigorosamente distanziate di un tono e mezzo), non esattamente una cosa alla portata di tutti come può intuire chiunque faccia musica con una certa applicazione. Veramente una grande canzone, riuscita e trascinante, coinvolgente e diversificata nelle sue varie sezioni alla maniera delle suite, un esempio di progressive secco e agile che avrebbe meritato maggior fortuna in quegli anni, come alternativa ai pomposi castelli armonici ed alle iper-romantiche atmosfere esibite con successo da altri colleghi del tempo.
E' bello ascoltare o ri-ascoltare oggi album come questi, registrati in libertà, completamente privi di pressioni verso la commercialità, verso la produzione di un 'singolo' e amenità del genere. Tempi in cui l'estro e l'autocompiacimento pagavano (almeno per un certo numero di album?) ed allora i Flash si possono permettere in questo loro lavoro suites di oltre undici minuti ("Black and White") insieme a brevi assoli di batteria e percussioni ("Stop That Banging", meno di due minuti fantastici di Hough). Unica concessione al mercato, la copertina!
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