"Le vite degli altri" ("Das Leben Der Anderen" - Germania 2006), opera prima del giovane regista tedesco Florian Henckel von Donnersmarck (1973), rappresenta una delle novità più interessanti di questa stagione cinematografica. Le ragioni sono da ricercarsi non tanto nel fatto che l'opera è stata recentemente premiata come miglior film straniero alla kermesse hollywoodiana degli Oscar, quanto nelle tematiche intorno alle quali ruota la vicenda narrata e in secondo luogo nella qualità strutturale del racconto sotto diversi profili formali.
Ambientato a Berlino Est verso la metà degli anni '80 il film è di fatto il ritratto di un'epoca storica, in quanto dipinge la Germania comunista pochi anni prima della caduta del muro, quando la glasnost non era ancora all'orizzonte. Nelle immagini di Florian Henckel von Donnersmarck riscopriamo una Berlino cupa anche di giorno, viviamo il ricordo di una città anonima, senza colori. Un ambiente che trasmette voglia di fuggire e la stanchezza tipica della fine non lontana di un'epoca, per quanto al tempo inconsapevole. La città, dunque, con le sue strade, con l'architettura di regime, col suo grigiore è uno dei protagonisti della pellicola, che assume toni quasi documentaristici, rafforzati dalla perfetta ricostruzione dedicata agli ambienti interni delle case e degli uffici, che lasciano sempre una sensazione di omologazione mal sopportata dai loro abitanti.
L'opera cinematografica rappresenta anche una sorta di autocoscienza tedesca tesa a fare i conti con questo recente passato ante riunificazione. A tal fine lo sguardo del regista riporta in vita la DDR con tutti i malesseri tipici di una forma di governo oppressiva e autoritaria come quella comunista, primo fra tutti quello rappresentato dal pervasivo controllo governativo. Nel film i cittadini tedeschi sono infatti sottoposti ad uno spionaggio orwelliano da parte dei servizi segreti della Stasi, orientati costantemente ad individuare i nemici del partito. Microspie, intercettazioni ambientali, ricatti, minacce sono gli strumenti della Stasi, percepita dalla popolazione un cancro ulteriore del regime.
Questo contesto storico e ambientale è la cornice dalla quale prende le mosse la vicenda, di cui è protagonista proprio un solerte funzionario della Stasi di nome Gerd Wiesler (nome in codice HGW XX/7), interpretato splendidamente da Ulrich Mühe. Wiesler è un intransigente burocrate specializzato in interrogatori. Glaciale, determinato, ordinato, razionale, scientifico è un tipico "prodotto" della burocrazia comunista. Vive una vita piatta, divisa tra i contatti con i suoi superiori, dediti a bruciare le tappe del cursus honorum partitico, e le ore trascorse in un appartamento ordinario e standardizzato. Questa sua vita - o non vita a seconda dei punti di vista - viene travolta e trasformata dall'incontro con altre vite, che si ritrova suo malgrado a controllare nell'ambito delle sue funzioni. Incontrare queste vite, scoprendo attraverso esse musica, poesia, teatro, diviene un grimaldello che lentamente gli scardina il cuore, conducendolo ad azioni per lui impensabili prima di quel momento. Questa trasformazione personale di Wiesler diviene così il collante e la ragion d'essere della vicenda, nella quale gli altri protagonisti presentano talvolta un profilo quasi Shakesperiano. Non tanto per l'ardore dei sentimenti, quanto per la fittezza della situazioni tra loro intrecciate. Una trama nella quale il potere politico diviene instrumentum per conseguire finalità private, dove l'intrigo è quotidianità e il colpo di scena trova uno spazio adeguato, senza scadere nell'effetto banale. E su tutto emerge un'intensa umanità che travolge Wiesler, facendone uno spettatore in grado di influire dall'ombra sul più classico degli incroci sentimentali - lui, lei, l'altro - innestato nel quadro storico-politico dell'epoca descritto.
Insieme alle scelte della regia e alla struttura della trama, completano il quadro recitazione e dialoghi convincenti, in grado di coinvolgere pienamente lo spettatore dall'inizio alla fine del film. Se non l'avete già fatto, andate a vederlo.
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