Ci sono dischi che colpiscono al primo impatto, dischi che necessitano di vari ascolti per essere apprezzati, e raramente dischi che sembrano da dimenticare, e in fretta, salvo poi accorgersi che hanno lasciato qualcosa, una piccola fiammella di curiosità, e allora è il momento di ritirarli fuori dal dimenticatoio e magari scoprire che eravamo stati troppo frettolosi nel tentare di dimenticarli. E' per il sottoscritto il caso di questo "Personal Stereo" dei norvegesi Flunk, un disco che ho ritirato fuori quasi per caso scoprendo di essere stato troppo affrettato nel lasciarlo marcire in un cassetto. Il primo approccio con quest'album è discretamente spiazzante, perchè sembra una imitazione di Bjork: "colpa" della voce di Anja Oyen Vister, per certi versi simile a quella della cantante islandese, ma tutto a un primo ascolto la ricorda, dall'utilizzo delle percussioni alle atmosfere del disco. Solo se si riesce a superare questo straniante senso di deja-vu, si apprezza nella sua pienezza l'opera, dieci tracce dalle atmosfere soffuse e sognanti, accompagnate dalla morbida voce della cantante, quasi ipnotica in certi momenti.

Dieci tracce molto omogenee, nel quale è difficile distinguere pezzi superiori o inferiori agli altri, o fissarsi su uno in particolare, in quanto è l'insieme a funzionare al meglio, disegnando un quadro di grande bellezza, come i fiordi norvegesi dai quali i Flunk provengono.

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