Incuriosito per la sua partecipazione con i Prodigy per The Day is my Enemy, ho deciso di approfondire Flux Pavilion ascoltando il suo più recente album Tesla, il cui titolo rappresenta forse al meglio la nuova ondata dei giovani bedroom producer. Si tratta di musica elettronica relativamente facile da produrre con l'ausilio di un personal computer, qualche periferica hardware adeguata e un buon studio di registrazione. Il producer in questione, all'anagrafe Joshua Steele, è veramente giovanissimo e non possiamo che fare i complimenti per essersi fatto notare da un elemento come Liam Howlett (tastierista dei Prodigy) che ha vissuto una crescita analoga nella scena inglese, ma che non poteva certo usufruire delle agevolazioni tecnologiche di cui dispongono le nuove generazioni. Poi però ci vogliono le idee, e devo dire che, nonostante non mi abbia spostalo la casa, Tesla rimane un disco divertente e ben prodotto, che ha saputo intrattenermi per un'oretta.

In realtà immagino che la scelta di Liam sia stata dettata più che altro dalla popolarità di Steele nella scena elettronica commerciale, dubstep e trap; i punti in comune con il sound dei Prodigy semplicemente non esistono, così come quell'attitudine punk e orgogliosamente laida. Il suono di Flux Pavilion è invece un innocuo giocattolo pulito e colorato, calibrato per i dancefloor odierni, ma anche compatibile per un facile ascolto di consumo, magari in background per un locale chiassoso, o un videogioco. Musica plasmata per essere vissuta nel presente, senza nessuna certezza né interesse nel futuro, un po' il manifesto della gioventù moderna. Questo non mi impedisce di godermi il disco e trovare diverse buone idee: l'intro porta il nome dell'album ed è sia buffa che indicativa del "concept": energia magnetica che si trasforma in suono. La seguente Vibrate è la perfetta continuazione, ed è anche il pezzo che preferisco di tutto l'album: uno strano aggeggio trap dominato da una bassline veramente originale - non mi sembra di averla mai sentita prima - una sorta di motosega digitale che si diverte a rimbalzare nel brano in diverse soluzioni, accompagnata da strambi arpeggi vintage (ricordano i suoni dei videogiochi 8 bit), Complimenti ancora per la bassline, non è facile proporre suoni inediti in uno scenario così inflazionato, si vede che c'è una ricerca dietro.

I restanti brani mi hanno colpito molto meno, però c'è da dire che ci sono pochissimi filler e quasi tutti i pezzi, rigorosamente festaioli, hanno qualcosa da dire e non portano allo skip. We Are Creators si avvale dei Soulsonic Force per portare frizzanti linee rap in una struttura club controllata da un beat in quartina, non uno standard per questo disco, lo considero quindi l'espisodio più dance. Internation Anthem si appoggia a un vocalist di stampo reggae, e l'arrangiamento si adegua con gran piacere. Nella struttura ritmica dinamica trova ancora posto il basso-motosega, che a questo punto diventa una sorta di mascotte dell'album. Il resto del pezzo, decisamente riuscito, è festa grande. Giocare sulle aspettative è un po' il trucchetto di Steele, anche Shoot Me inganna con le sue ritmiche house per poi sfociare nel classico calderone dubstep, un genere ormai completamente consumato, ma che il producer riesce a ravvivare mescolandolo con il sample di un sassofono. In Pogo People assistiamo a una sorta di tributo da parte di Liam Howlett, che concede infatti una citazione decisamente diretta all'introduzione di Poison, brano mitologico contenuto in Music for the Jilted Generation. Diciamo che il legame finisce qui. Molto più carina Emotional, altro momento felice dell'album che sfrutta la voce di Matthew Koma per una sorta di ballad trap. Di ottimo impatto il refrain, che si sposa con un drop molto arioso e citazioni abbastanza evidenti a Clams Casino e la sua I am God, probabilmente Joshua la conosce molto bene, ma prendere ispirazione non è un reato.

Tesla è un album divertente e senza alcuna pretesa, non certo un capolavoro, ma ben prodotto e ascoltabilissimo. Può dare anche una certa soddisfazione utilizzato nei contesti giusti. Magari paga la gioventù dell'autore e una eccessiva concessione verso un sound attuale e modaiolo. Ci sono però diverse idee interessanti che denotano un'indubbia abilità produttiva e che magari potrà esprimersi in futuro in lavori più maturi, d'altronde chiunque ha il diritto di crescere ed evolversi, specie quando ci sono buone basi.

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