Un buon collage è un po’ come del buon e sano sarcasmo. Bisogna saper soppesare bene gli elementi, trovare le condizioni opportune per piazzare il colpo. Ci vuole una buona dose di buongusto e capacità dialettica. Innegabile. Qualcuno potrebbe dire che entrambi sfruttano troppo facilmente il lavoro del prossimo. Al contrario, ne esaltano le qualità gettando, in maniera forse dissacrante, ponti per prospettive diverse. Qualcuno potrebbe dire che esprimono mancanza di rispetto. Errato. Tendono a indicarti dove avevi i piedi poco prima, piuttosto che edificare uno sguardo diretto solo al “tuo” cammino.

Un buon collage, proprio come una buona battuta di spirito, ti ricorda che tutto ciò che esternerai sarà sempre esposto al giudizio ed al lavoro del prossimo. A Steve Ellison (aka Flying Lotus) non manca certo la capacità di saper attingere dalle sorgenti più eterogenee per porre l’ascoltatore su un punto di vedetta a dir poco privilegiato. Le altezze cui ci eleva ci lasciano quasi scorgere da dove proviene questo immenso fiume che per quieto vivere chiamiamo “elettronica”. Da lì s’intravede l’anima nera che dà battito e respiro a tutti gli emissari che seguiranno. In questo suo lavoro del 2010 Ellison esprime al meglio tutto il potenziale che aveva lasciato intuire (magnificamente) nei primi due lavori (e nei relativi ep). “Cosmogramma” è la messa in scena, atto dopo atto, della sublime capacità del producer statunitense di sapersi muovere tra campionamenti all’apparenza incompatibili. Una capacità che ha dello spiazzante. Eppure il gioco riesce: c’è un’impercettibile alchimia di fondo che rende il tutto sensato. Uno che sa come soppesare gli elementi a disposizione insomma. Basti solo pensare alla struttura stessa del disco.

Brani che alle volte non arrivano nemmeno a due minuti di durata accostati ed affastellati fino a creare una tracklist di 17 episodi. Tutto ciò potrebbe far pensare ad un album frammentario, a pezzi che non si risolvono completamente lasciando quasi un abbozzo di partenza. Ma Ellison la sa lunga. Riesce a creare un Titano, forgia un Leviatano composto di piccole indissolubili parti. La mezz’ora e più che l’ascolto necessita scivola via in un flusso eterogeneo ma compatto, perforante ma, al contempo, fluido ed avvolgente. Sembra quasi non esserci interruzione tra i pezzi. Nell’insieme la sensazione è quella di aver assistito a qualcosa di elegante, soffice, quasi mandato in slow motion. Alcuni episodi svettano indubbiamente su altri, ma sciolti perderebbero il loro senso.

È un lavoro che va ascoltato dall’inizio alla fine, tutto d’un fiato. L’equilibrio interno all’album è la cifra di Ellison. Ne aveva già dato prova. Sa come plasmare a suo piacere i suoni ed i filtri con i quali lavora. Si provi a riconoscere un Thom Yorke trasfigurato in “And the World laughs with you”. Quel loop vocale è talmente ben fuso con le cascate di synth da non richiamare quasi particolare attenzione. Si gioca a favore del tutto. Stesso discorso per la collaborazione con Laura Darlington in “Table Tennis”. Ci sarebbe da citare l’intero album per render giustizia al lavoro compositivo di Flying Lotus. Come sorvolare sul duetto archi-fiati di “Satelllliiiiitee”? o le ritmiche cadenzate e soul di “Mmmhmm”? o la calda e sublime frase di piano che poggia su basi downtempo in “German Haircut”? La quantità di influssi in questo album è, semplicemente, disarmante. Si perdono le proporzioni. Capita di non riuscire più a determinare e distinguere. Il jazz si tramuta in soul e il soul passa, in poche battute, il testimone ad Hip Hop d’altri tempi. Questo è quello che un buon uso del collage può esprimere. Non è un caso se la Warp ci tenga ad avere questo producer di Los Angeles ben stretto nel suo arsenale.

Aspettando l’uscita imminente di “Until the Quiet comes” è bello rispolverare una delle migliori prelibatezze del 2010.

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