Date le modalità di fruizione dei prodotti musicali nell’età contemporanea, un intero lustro di assenza dalle scene potrebbe tradursi in qualcosa di sinistramente simile al suicidio artistico. Discorso che sembra non interessare minimamente Flying Lotus, che dell’ordine delle cose si è sempre fatto beffe sia dal punto di vista squisitamente compositivo/produttivo, sia in termini d’immagine e promozione. Basti pensare che per anticipare l’uscita del suo nuovo lavoro, si è affidato a un bizzarro testo recitato nientemeno che da David Lynch.

Sebbene da sentire non ci sia poi molto, "Fire Is Coming" parrebbe quantomeno una dichiarazione d’intenti. A dispetto dei proclami e di un numero insolitamente alto di ospiti, “Flamagra” finisce però per rivelarsi un ascolto tiepidino: il trittico iniziale restituisce solo vagamente l’unicità di un tocco che in molti abbiamo imparato ad apprezzare negli anni, rivelando uno spostamento da traiettorie oblique e in costante divenire, a ritmiche decisamente più quadrate e arrangiamenti piuttosto ordinari. Cambiamento che posto in apertura di un lavoro di chi ha fatto dell’imprevedibilità schizoide la propria chiave di volta, non può che fare aggrottare la fronte.

Le numerose collaborazioni non sembrano giovare particolarmente a un impianto sonoro così inspiegabilmente privo di guizzi creativi. Se quella che i gettoni Anderson .Paak e Shabazz Palaces andassero spesi meglio può essere solo un’impressione, la necessità George Clinton abbandoni quella che è sempre più tristemente simile a una sua cattiva imitazione, temo sia qualcosa di più. "Spontaneous" è a tutti gli effetti un pezzo dei Little Dragon, presumibilmente se siete loro estimatori vi piacerà ma nell’economia del disco, c’entra un po’ come i famosi cavoli a merenda. Quanto invece la chimica tra il titolare e Thundercat sia pressoché perfetta non lo scopriamo certo oggi.

Pollice pienamente alzato quindi per i soli Denzel Curry, che assai apprezzabilmente propone una totale riscrittura della sua Black Balloons anziché un semplice remix, e per Thierra Whack, anche se "Yellow Belly" potrebbe essere tacciata di ricordare un po’ troppo "Dead Man’s Tetris", sentita su You’re Dead!” nel 2014. Solange viene chiamata a riproporre quella che pare essere diventata la sua cifra stilistica: ripetere le stesse dieci parole per tre minuti abbondanti, come se d’improvviso potessero acquisire un significato nuovo. Peccato perché il tappeto cadenzato in odor di trip hop cucitole addosso da FlyLo, è una delle produzioni migliori del disco. Un coro intenso al limite dell’ascoltabile e i fiati nascosti sotto i synth, vengono a ricordarci di quanta classe nell’azzardare gli accostamenti sia capace questo signore. Purtroppo è proprio a lui che spetta la tirata d’orecchie più vigorosa.

"Capillaries" pare assemblata pigiando pigramente i tasti in un pomeriggio in cui non si aveva di meglio da fare, "Takashi" prova a movimentare un po’ la situazione ma è così scialba che a tratti pare una base midi di quelle usate per il karaoke, il blocco di pezzi che va da "Andromeda" a "Debbie Is Depressed" costituisce una variante insolitamente soft del nostro, risultando nel complesso molto poco incisivo.

Mancano quell’attenzione maniacale per i dettagli, gli stravolgimenti nell’andamento delle tracce quando meno te li aspetteresti ma soprattutto, quella sensazione di esplorazione dei più remoti anfratti del cosmo, alla ricerca di un’illuminazione che restituisca un senso logico a quel bellissimo caos che è (era?) la musica del Loto Volante. Cambiare si può e si deve ma così, per favore no.

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