Ho appena ascoltato questo disco, e definirlo non è proprio facile.

Inizia subito con una palese ripresa dal disco omonimo precedente di Popol Vuh I, per poi perdersi in un mare di feedback e allucinazioni noise.
Si perde perfino la cognizione del tempo, visto che non ci sono tracce, ma un unico mastodontico collage di 50 minuti e rotti. Una cascata di suoni che diventano però poco attraenti e fini a se stessi. Non c'è una pausa (se non negli ultimi minuti), e solo qualche accenno lontano di batteria ogni tanto e un paio di idee musicali del basso, danno punti di riferimento in quello che altrimenti sarebbe un disco pesantemente noioso. E nonostante questi interventi, la situazione non è tanto più gradevole.

Disco privo di idee, e poco interessante. Più vicino all'etichetta Drone che Post rock, senza risultare accattivante per nessuna delle due categorie. Ma al di la di quello che sono le catalogazioni, non sembra esserci un fine in questo album. Sembrano piuttosto registrazioni raffazzonate e incolori; idea rafforzata dal fatto che il disco verrà ripubblicato poco più di vent'anni dopo in doppio vinile, completamente stravolto nella durata e nella composizione.

Nonostante mi sia piaciuto il loro primo omonimo, e resti comunque curioso sul resto della loro discografia, devo aggregarmi a chi vede in questa registrazione un punto basso, un passo falso, una confusione non necessaria.

Il viaggio interstellare però continua...

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