Siamo a quota 6 con questo ultimo lavoro per Dave Grohl e compagni.

Eppure, nonostante siano giunti al sesto capitolo della loro storia, i Foo, che all'uscita di "In your Honour" dissero: "Questo è il nostro disco più bello di sempre, ma non credo che uscirà mai un altro cd nostro, pensiamo che con questo doppio disco ci separeremo per procedere per strade diverse".

E invece? Eccoli ritornare da noi, tutti fomentati, con un video da paura spiaccicato ininterrottamente su Mtv ormai da un paio di mesi "The Pretender" in cui con la solita carica di sempre (forse un po troppo prevedibile) i 4 eroi si bagnano in un fiume di acqua tinta di rosso che esplodendo alle loro spalle investe la polizia armata di manganelli e scudi protettivi.
Ennesimo atto di rivolta? I Foo si sono rotti di fare video comici e non essere mai presi sul serio? Forse no a quanto sembra, o almeno sembra emergere dal nuovo cd, che replica la stessa struttura del precedente (canzoni acustiche mixate con canzoni elettriche) in un solo disco però (daltronde costa caro produrre un altro doppio album che si rivela abbastanza inutile).

Con Echoes, silence, patience and grace (titolo più corto no eh?) i Foo fanno il passo più lungo della gamba, inserendo canzoni che ad un primo ascolto risultano ostiche, mentre dopo tre, quattro ascolti risultano già imparate a memoria e sanno di già sentito.
Il duello tra Grohl e la chitarrista acustico-virtuosista Kaki King ("The Ballad of Beaconsfield miners") si rivela essere un capitolo a sè in un cd del genere, astraendosi letteralmente e facendoci supporre che Dave abbia buttato delle canzoni in un cd senza badarci troppo, forse troppo sicuro della miriade di fan (compreso il sottoscritto) che avrebbero poi preso il cd appena uscito.

Non si parla però di un cd mediocre perchè si nota senza dubbio l'influenza Zeppeliniana di matrice Country e Hard Rock che eredita molto da cd come Led Zeppelin 3 e ZOSO, anche se quest'influenza si è fatta sentire a mio avviso troppo tardi e troppo evidente, tanto da lasciare insoddisfatto anche il fan più accanito (parlo sempre della mia situazione).

Si ascolta un bell'assolo anni 70 soprattutto in "Long Road To Ruin" canzone orecchiabilissima e di sicuro futuro singolo da estrarre da quest'album che risente anche molto del panorama musicale moderno (vedi 30 Seconds To Mars, ecc.) tanto che molti miei conoscenti hanno affermato che gli scream di Grohl all'interno del cd richiamano le urla imperterrite di Jared Leto, frontman della pseudo Emo-Alternative band 30 S.T.M.

Segnalo come canzoni migliori "Let it Die"; "Come Alive" e la stupenda (devo ammettere) "Home" molto sentimentale e intima suonata col piano e accompagnata da violini che permette al sig. Grohl di sperimentare le sue doti vocali senza dover ricorrere ad urli e grida ad effetto terremoto.

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