Prendendo la decisione di pubblicare un doppio, un artista si prende una bella responsabilità: il rischio è quello di risultare, alla resa dei conti, troppo spacconi oppure noiosi nell'accozzare una dietro l'altra canzoni o troppo eterogenee, o al contrario troppo simili tra loro (difetto quest'ultimo frequente in gruppi che propongono generi a basso tasso di originalità).
Difetti che i Foo's tentano di scansare pubblicando un primo CD elettrico e piuttosto aggressivo, e un secondo acustico ed intimista. Via ai fuochi con "In Your Honor", crescendo di chitarroni ridondanti e urlato in classico Grohl-style: il pezzo è in progressione, con un finale affidato ad una pregevole sfuriata chitarristica. Più canonicamente fightersiana "No Way Back", scelta inizialmente come primo singolo, poi accantonata per affidare il ruolo a "Best Of You", anch'essa in crescendo e corredata di un'ottimo bridge costruito sui frenetici passaggi di batteria di Dave (piatto forte della casa). Scorrendo la tracklist tra vari riempitivi ("D. O. A. ", "The Last Song", "End Over End") e canzoni francamente scialbe ("The Deepest Blues Are Black"), se non decisamente bruttine ("Hell"), scoviamo una chicca come "Resolve", bella ballata che rivela un'originale influenza pseudo-british di Grohl (peraltro dichiarata, e oltretutto suggellata dall'esecuzione live di "Lyla" dei Gallagher bros). L'elettrico, in conclusione, francamente è una parziale delusione.
Le cose si risollevano in buona parte nel disco due, aperto da una bellissima "Still", una delle più piacevoli ed interessanti song del gruppo americano. Proseguendo, spiccano "Miracle", che avrebbe ben figurato persino come singolo, e, cantata dal batterista del combo a stelle e strisce, "Cold Day In The Sun" (puzza di Thrills lontana un miglio). Per il resto, da segnalare un paio di collaborazioni: la bimba prodigio Norah Jones in "Virginia Moon" (jazz-flavour a volontà) duetta con l'ex Nirvana (sempre meglio questo del duetto al Valium Williams/Kidman), e John Paul Jones, che suona il piano nella succitata "Miracle".
A conti fatti, per i fans del gruppo si può certamente dire che questo risulta essere il lavoro più interessante dei Foo Fighters, ma per i casuali ascoltatori può risultare a tratti noioso e inconcludente (anche se qualche buon numero, come detto, Grohl ce lo regala ancora). Meglio del pessimo "There Is Nothing Left To Lose" e dello stiracchiato "One By One", ma lontano anni luce da quel gioiello che risponde al nome di "The Colour And The Shape".
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