Krautrocksampler.

Vivacissimo compendio che tratteggia, sovente con ardimentoso linguaggio, suoni sghembi e discrepanti, iridescenti colori ed aberranti, distorte e criptiche percezioni, il Krautrocksampler ha reso Julian Cope un Padreterno per gli adepti del germanico Verbo sparsi nell'intero globo terracqueo.

Julian Cope, infernale nocchiero avvolto da dissonanti flutti e cacofonici marosi di teutonica provenienza, funge da guida ai piaceri delle bislacche ed originalissime sonorità brulicanti nell'irrequieto sottosuolo musicale tedesco. Ma il chimerico musicologo (arcinoto per la sua eccentricità artistica à la Syd Barrett e la relativa promiscuità con l'allucinante universo delle sostanze psicotrope) di Bargoed, abbandonati gli astrali ghiribizzi del Kraut-Rock, assume le vesti di istrionico cicerone, strampalato precettore, sfavillante luce all'interno dei sotterranei e sulfurei cunicoli musicali nipponici.

"Fiat lux!", sembra gridare, con voce stentorea, il visionario autore di "Japrocksampler", gustoso vademecum che perlustra, scandaglia e setaccia gli oscuri, inaccessibili ed enigmatici abissi sonori dell'estremo oriente.

Food Brain,  presente nella suddetta guida, è uno stravagante ensemble che fa della miscellanea musicale il suo personalissimo leit motiv. "Bansan (Social Gathering)", loro unica opera. Totalmente strumentale. Eclettismo sonoro, poliedricità e cangianti contaminazioni sono liquefatti  in una vischiosa mistura dall'ossimorico sapore;  pomposi passaggi pianistici, desueti clavicembali e frizzanti fughe tastieristiche ("Waltz for M. P. B.", "One-Sided Love")  si alternarno a torbide, cupe ed opprimenti atmosfere caratterizzate da taglienti stilettate di basso e da un ruvido drumming  ("Liver Juice Vending Machine", "Naked Mountain"). Tinte fosche, opalescenti sfumature, minimalismo ed improvvisazione sono aspersi di umori acidolisergici, ornati da roventi ed ampollose scorribande organistiche (Hammond, soprattutto) e da lancinanti sferzate elettriche (Shinki Chen alla chitarra elettrica, una sorta di Jimi Hendrix dagli occhi a mandorla)  squisitamente immerse in una spumeggiante matrice Rock‘n'Roll ("That I Will Do").

Orgiastici e deliranti lembi musicali sono avvolti da corrosivi ed acidi miasmi dal gusto nettamente Free Jazz, tra cosmici scorci e farneticanti clarinetti ("The Hole In a Sausage", quindici minuti di ebbrezza strumentale!). Folli sperimentalismi, gagliardi elefanti errabondi in purpurei deserti, carnevaleschi ritagli sonori infarciti da rocambolesche incursioni percussive ed un'esile scorza di foggia Progressive (e perché no, Kraut-Rock!) rendono "Bansan" non solo un'opera divertente e gradevolissima ma anche unica nel suo genere (se di "genere" si può parlare).

E non solo in Giappone.

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