One-Hit Wonder? Col cavolo! Erano una realtà emergente, dotata di energia e talento i Fool's Garden, avevano eccellenti intuizioni melodiche, una buona creatività e, a quanto pare, pochi "sponsor" importanti alle spalle. Forse il fatto di non essere nati a Londra o a Manchester ma bensì a Pforzheim, ridente cittadina del Baden-Wurttemberg è stato un handicap per questi ragazzi, che rappresentano insieme ai texani Fastball la faccia buona e positiva del pop rock, del rock facile, del rock "commerciale" degli anni '90, quella generazione di band venute dopo l'ondata grunge, da cui i soliti noti scelsero chi far emergere in base alla capacità di recitare il ruolo di buffoni alla corte di Sua Maestà MTV a scapito di artisti ben più meritevoli, come appunto i Fastball e appunto i nostri Fool's Garden, a cui spettarono le briciole, un singolo di successo e poi grazie e arrivederci, perché la produzione ha già deciso quali devono essere le star del film, e a voi spetta al massimo il ruolo di comparsa; perché non avete la faccia giusta e non avete pagato pegno.
I Fool's Garden: il cantante Peter Freudenthaler, Roland Rohl alle tastiere, Thomas Mangold al basso, Ralf Wochele alla batteria e Volker Hinkel, mente compositiva del gruppo, alla chitarra. Cinque ragazzi spinti da una grande passione per gli Who e soprattutto per i Beatles: il loro primo album, "Fool's Garden" del 1991 è dedicato a John Lennon: ancora un po' acerbo, ma si sente già che la base di partenza è buona, un pezzo come "Man In A Cage" è lì per dimostrarlo, poi nel 1995 arriva "Dish Of The Day": power-pop più maturo, definito ed incisivo, il processo di crescita continua senza intoppi, e le canzoni ci sono, dall'arena rock queeniano di "Ordinary Man" allo struggente intimismo della ballata "The Tocsin", e ovviamente "Lemon Tree": il pezzo giusto, melodia accattivante, sound originale e retrò quanto basta, successo enorme in tutta Europa, sembra solo l'inizio di una carriera fulgida e destinata a tante altre grandi soddisfazioni, ma inspiegabilmente tutto finisce lì. Che ne è stato dei "Fool's Garden" dopo questo exploit?
Dopo "Dish Of The Day", dopo l'elevazione di "Lemon Tree" al rango di tormentone radiofonico, i Fool's Garden toccano il punto più alto della loro storia nel 1997 con "Go And Ask Peggy For The Principal Thing", questo è l'originale titolo di un album completo, che conquista al primo impatto, esplosivo e colorato, disimpegnato e divertente, sempre con intelligenza e ironia. Questo album probabilmente fu penalizzato dall'errata scelta del singolo di lancio, che ricadde su "Why Did She Go?", un buon pezzo pop-rock semiacustico in puro stile beatlesiano, che non riuscì minimamente a ripetere i fasti del recente passato; "Why Did She Go?" è uno dei brani meno personali dell'album, poco più che un riempitivo, a differenza di canzoni come l'analoga ma ben più grintosa e convinta "And You Say" e il secondo singolo "Probably", che avrebbe avuto tutto l'appeal per diventare una nuova "Lemon Tree", con un pizzico di verve polemica in più, a contorno di una melodia che è quanto di più catchy ci possa essere. I Fool's Garden se la cavano bene anche con sonorità più dure, come dimostra l'iniziale "The Principal Thing", che esalta le doti chitarristiche di Volker Hinkel in una scheggia quasi punk-rock tirata, incalzante e priva dei piacevoli orpelli orchestrali che caratterizzano il resto dell'album, oppure staccare del tutto la spina con divertente pop retrò di "Rainy Day", canzonetta gustosa, allegra e del tutto priva di pretese, senza la stomachevole zuccherosità del presunto genio Mika. Canzoni come "Emily" e "Northern Town" mettono in mostra il sound di una band al massimo del suo splendore nella sua espressione più matura e completa: buon songwriting e ottimi arrangiamenti per questi pezzi che vanno entrambi in crescendo, con la chitarra che ruba gradualmente la scena alle orchestrazioni conferendo un tono più "solenne". Non manca una manciata di ballate, tra cui spicca la sognante "When The Moon Kisses Town", che raggiunge con assoluta maestria il giusto equilibrio tra dolcezza ed energia, nobilitata da una bellissima intro di armonica e pianoforte e da Volker Hinkel che si cimenta in un assolo alla Brian May, e infine la conclusiva "Good Night", appunto una cullante ninna-nanna, interamente affidata alle orchestrazioni di Roland Rohl.
"Go And Ask Peggy For The Principal Thing" è un album che, sostanzialmente, non dice nulla di nuovo, ma ha una dote rara di questi tempi: è un album commerciale ma è un bell'album, realizzato con entusiasmo e passione, anche spirito di emulazione dei propri idoli se vogliamo più che con l'intenzione di creare nuovi trends ed apparire sulle copertine di riviste patinate; i Fool's Garden sono degli adorabili canzonettari e in questo album utilizzano alla grande questa loro prerogativa: aiutano parecchio le orchestrazioni piazzate strategicamente in tutto l'album, che costituiscono un bel marchio di fabbrica e creano un'atmosfera retrò, piacevole e leggera. Peter Freudenthaler è un ottimo cantante, duttile, dotato di una voce graffiante ed espressiva capace di adattarsi bene ad ogni canzone, con mestiere ma anche ottima personalità.
Dopo questo album i Fool's Garden si spegneranno dopo tre dischi mediocri, forse scottati dal mancato successo di quello che sarebbe dovuto essere il disco della definitiva consacrazione a cui, a fronte di quattro stelle piene ne aggiungo una in più come mio personale tributo per una band troppo presto dimenticata, che avrebbe meritato ben altra fortuna.
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