Figli di un Dio minore? Della serie: "la seconda ondata fa più male della prima".

E' triste constatare, come negli ultimi anni, i giovani appassionati di musica estrema serbino una conoscenza sommaria del movimento Thrash Metal. Vuoi per una effettiva crisi del genere (che perdura da tempo immemore), vuoi per una scarsa distribuzione dei vecchi dischi, solo un numero, a dir la verità, esiguo dei suddetti giovani conosce il valore delle band "minori", appartenenti alla "seconda era del Thrash", cronologicamente collocabili nella seconda metà degli anni '80. Ensemble come Flotsam & Jetsam, Annihilator, Dark AngelDeath Angel si ritrovano così inspiegabilmente relegati nelle retrovie della fama, condannati a giacere nella penombra dei nomi più noti, novelli Cincinnati della celebrità, destinati a non afferrare mai il successo, pur essendo nel pentolone corretto a bollire le loro note Thrash.

Proprio in quel limbo di popolarità e oblio va collocato il nome dei Forbidden, noti ai più come "il gruppo dove suonavano Paul Bostaph (futuro drummer degli Slayer) e Robb Flynn", affacciatisi in una scena - quella del Thrash Bay Area -, quando la stessa volgeva al crepuscolo dei propri Dei, eppure in grado di sfornare capolavori di straordinaria caratura, perfetta commistione di "rabbia ragionata" e personalità.
La band emette i primi vagiti nel 1985 con il nome di Forbidden Evil, ma dopo la dipartita di Robb Flynn (chitarrista e membro fondatore, poi nei machine Head)  alla volta dei Vio-Lence, accorcia il nome in Forbidden per esordire e mettere in bella fila otto gemme di possente, ponderato, diretto ed ispirato Thrash Metal (prodotto dal team Cuniberti/Caldwell).

"Forbidden Evil", uscito nel 1988, è uno dei debutti più devastanti del Thrash anni '80 per cattiveria, perizia tecnica e personalità, perfetto connubio fra il Thrash più violento e quelle che fino a pochi dischi prima potevano ben considerarsi le sue antitesi: la rinuncia all'ipervelocità, la complessità del songwriting e l'apertura a concessioni melodiche. Un po' come se quella fantomatica "Lesson In Violence" dei padri fondatori del genere avesse trovato una nuova linfa, un'altra veste, forse più raffinata, certamente altrettanto aggressiva.

L'opener "Chalice Of Blood" finisce così per essere un po' il pezzo simbolo del platter: mai concitato, eppure la testolina gira con Bostaph che va al passo e consente al pezzo di decollare, un pugno così semplice, ma per questo così difficlie da allestire. Perchè quello dei Forbidden è un muro sonoro duro e compatto, ma che per colpire l'ascoltatore utilizza un nuovo registro, fatto di ritmiche cervellotiche e nervose, in grado, tuttavia, di non perdere mai di vista la propria efficacia, l'immediatezza di ascolto. Una violenza sonora coartata in architetture musicali contorte e serrate e che, proprio per questo, fa ancora più male: un delirium tremens chitarristico tra grattugie assassine ("March Into Fire"), merletti solistici ("Through Eyes Of Glass"), ed un incipit epico ("Forbidden Evil") che si riplasma in un suono compresso, ideale per scolpire nel nostro immaginario la copertina del disco, ammaliante lotta tra il bene ed il male, che però appaiono entrambi malvagi (e la testa rossa ha anche la peggio, quasi una piramide con l'occhio assai nascosta?).

L'intrecciarsi frenetico delle chitarre di Locicero ed Alvelais (poi nei Testament), il vorticare dei pedali di Bostaph, il basso tachicardico di Camacho, sembrano confluire ed esplodere nella voce di Russ Anderson: dotato di una timbrica e di una versatilità unica, in grado di raschiare quanto di più ferale si annida tra le proprie corde vocali e poi sfogarlo in un continuo - e disinvolto - sbandare di latrati rochi ed acuti, potenti falsetti e grida rabbiose, sussuri inquietanti ("Feel No Pain") e grida intrise di una sorta di epicità malata.

"Forbidden Evil" rappresenta la maturazione perfetta ed inevitabile del Thrash made in Bay Area. Rielabora, ma senza stravolgerle, tutte le regole musicali ed ideologiche del movimento, introducendo per la prima volta quella che si può chiamare "fredda passione" o "ragionata intuizione". Tutta la sregolatezza e l'intuizione istintiva presente nei primi lavori del filone Thrash viene imbrigliata con le catene del ragionamento e sguinzagliata con raffinata precisione: le esplosioni di rabbia senza limiti lasciano spazio alla premeditata violenza chirurgica.

L'assassino passionale finalmente si evolve e diventa killer spietato.

Il Thrash Metal riesce in questo modo a riordinare il proprio movimentato caos stilistico, imponendo un controllo a quella cattiveria che è alla base del movimento stesso, il tutto senza abbandonare la malvagità genetica e senza concedere troppo spazio a quella metodicità melodica che aveva contraddistinto il "Marionettista Metallico".

I Forbidden, va detto, finiranno per rappresentare un po' l'apice ed il declino dell'intera scena Bay Area: meritevoli di aver rinvigorito di idee ed ispirazione un genere che stava davvero per esaurire le cose da dire, avrebbero finito - involontariamente - per evidenziarne i limiti strutturali e stilistici. Solo due anni dopo, con l'ottimo "Twisted Into Form", (grazie anche ad una produzione più ricercata ed all'ingresso di Tim Calvert ), il gruppo riuscirà a spingersi ancora più in là, distruggendo definitivamente le barriere preconfezionate del genere. Locicero e soci getterano così le basi per quella svolta che caratterizzerà il sound della band nel decennio successivo: l'inaugurazione del concetto tecnico ulteriore, approdo inevitabile a lidi legati al Post-Thrash di "Distortion" (vicino al Machine Head sound) e "Green", in  cui il cantato di Anderson si ritroverà mortificato e compresso in sonorità moderne, ma decisamente senz'anima.  

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