E adesso? Chi manca ancora?
Intendo dire, dopo il gustoso revival del Thrash Metal di questi ultimi anni, con decine di ragazzotti coi pantaloni attillati e il chiodo impregnato di birra sbucati fuori come funghi, anche coloro i quali questo genere lo ha marchiato a fuoco avranno pensato "Perdincibacco... noi vent'anni fa ci siamo sbattuti il culo per avere un misero contratto e questi adesso, con i soliti clichè, stanno là a prendere applausi e soldini?". Ed allora, come per incanto, ecco il vecchio e il nuovo che si coalizza nel riaffermare come si debba suonare duri e puri, senza intrusioni, contaminazioni varie; così anche i Forbidden, nome storico della seconda ondata, nel 2008 si agganciano al carrozzone delle reunion altisonanti e, dopo poco meno di due anni di tour, piazzano il loro contrattacco: ''Omega Wave''.
Innanzitutto togliamoci dalla testa, una volta per tutte, una cosa: tutte quelle dichiarazioni riguardo l'assenza di motivazioni che imperavano negli artisti all'inizio dei '90 come causa scatenante degli scioglimenti. Tutte falsità. Il Thrash non lo fece morire la stampa e i critici che avevano spostato l'attenzione altrove; e neppure i fan che si erano stancati di certe sonorità. Il Thrash lo fecero scomparire le band stesse che rinunciarono alla dignità musicale con album flaccidi e maldestramente assemblati. La scena non era alla frutta in quanto a corto d'idee come sosteneva qualcuno (''Time Does Not Heal'' dei Dark Angel non era fottutamente thrash? Ed è solo l'esempio più lampante), ma era stata tradita dagli stessi portavoce storici coi loro dischi spenti, inconsistenti e dannatamente ''pacifici'' mentre nell'underground uscivano ottimi esempi di continuità espressiva che venivano puntalmente ignorati. Gli stessi Forbidden, autori, sul finire degli ottanta, di due grandissimi lavori (riconosciuti poi dall'opinione comune come capisaldi del genere) come ''Forbidden Evil'' e ''Twisted Into Form'', persero consensi e rispettabilità con ''Distortion'' prima e ''Green'' in seguito.
Questo ''Omega Wave'', a tredici anni di distanza, cerca di rimettere le cose a posto e, senza troppi giri di parole, vi dico subito che le intenzioni sono sufficientemente raggiunte. Non che fosse un traguardo utopistico, ma in questi 12 pezzi traspaiono appieno tutte le loro prerogative: c'e l'abilità dei singoli musicisti, c'è la classe compositiva, c'è la vitalità esecutiva; ci sono i Forbidden insomma.
Dopo l'apocalittica ed accademica intro ''Alpha Century'', ci viene scagliata contro una tempesta perfetta, ''Forseken At The Gates'', la migliore maniera di ripresentarsi sulle scene: le strutture sono sostenute, le chitarre dello storico leader Greg Locicero e della new entry Steve Smyth (ex Nevermore Testament e Vicious Rumors) taglienti come rasoi, sfornano riff torvi, oscuri e dinamici. Il basso di Matt Camacho bello pompato (anche se un pò trascurato nel mixaggio dell'album), la batteria dell'altra novità Mark Hernandez (ex Vio-lence, Heathen, Defiance) tentacolare e in alcuni casi debordante. Ma il godimento più grande per il sottoscritto è risentire la splendida ugola di Russ Anderson, che ritrovo abbastanza in forma devo dire, senza voler introdurmi in paragoni fuori luogo rispetto al passato. La granitica ''Overthrow'' che segue smorza i toni esemplari dell'opener e ci fa ripiombare sulla terra con un mid-tempo che riporta alla memoria i Testament di "Low" e "Demonic"; quello che non mi conquista sono le melodie del ritornello, che risultano eccessivamente artefatte.
Vigore e modernità. Sono questi i due binari sui quali viaggia il platter in tutti i suoi 60 minuti, caracollando sia in un verso più diretto ed old-school come nell'impenetrabilità di ''Adapt or Die'' o nella primitiva ferocia della title-track (forse la canzone più estrema mai scritta dai nostri), sia attraverso venature ''al passo coi tempi'' quali la policromia nevermoriana di ''Swine'' (che riprende alcune idee più recenti e discutibili della carriera del gruppo) e il terzetto centrale ''Dragging My Casket'' ''Hopenosis'' ''Immortal Wounds'', brani che fanno emergere il lato più complesso e avvolgente di Locicero e compagnia, pregno di riff stoppati e compatti, solismo penetrante e il talento di Anderson, il quale si cimenta in tonalità assai distanti dai suoi famigerati cinguettii. ''Behind The Mask'' (canzone totalmente fiacca e insignificante) e la ostentata ''Inhuman Race'' fanno da preludio alla già citata ''Omega Wave'', brano conclusivo e secondo piatto forte, secondo i miei gusti, con le sue ritmiche criminali e il refrain solenne.
Considerando che le mie aspettative per questo come-back non è che fossero poi così vertiginose, da fan della band quale mi ritengo, sono rimasto soddisfatto ma in parte pure frustrato da questa nuova incarnazione. Lasciando da parte le ipotesi della presunta (o meno) sincerità d'intenti, mi chiedo: quanta longevità può avere un disco del genere? Perchè gli stessi musicisti che prima sferrano mazzate in pieno volto poi debbano dimostrare che la maturità sta anche nello scrivere chorus melensi e opinabili? Sta di fatto che ''Omega Wave'' è sì lontano dall'essere considerato forzatamente anacronistico (tranne che per la copertina), ma neppure sembra voler osare, rimanendo troppo cerimonioso ed in ambiti alquanto ordinari per essere considerati eccelsi. Si nota l'assenza di un brano che trascini tutto il lavoro (una ''Chalice of Blood'' per capirci) e, in linea generale, si ha la sensazione che i Forbidden odierni viaggino col freno a mano tirato, come per paura di prendere troppa velocità e rischiare di uscir di strada.
OK ragazzi. Bentornati. Ma adesso fate (ri)vedere di che pasta siete fatti. Una volta per tutte.
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