Deve essere freddo lì in Siberia. Quel vento gelido che penetra nelle ossa è lo specchio di quello che i sei membri dei Forest Stream mettono in musica. Quel ghiaccio che opprime le distese siberiane è lo stesso che l'ascoltatore prova nelle struggenti e terrificanti note di questo disco. "Tears Of Mortal Solitude" è il connubio naturale tra la placida calma della Russia e le dissonanti e agghiaccianti melodie del symphonic black, unite a passaggi doom di deflagrante bellezza. L'evocazione della natura, ed in questo caso di quella cara alla loro terra è già insita nell'opener "Autumn Elegy" dove troviamo il manifesto programmatico della band:le sfuriate black/doom ci mostrano una natura sofferente allo stesso modo dell'uomo, posto in contemplazione di questa creazione. Il growl lacerante di Sonm ci trasporta in questo scenario in cui l'ascoltatore rimane estasiato.

La musica dei Forest Stream non è musica per tutti. Con questo non voglio certo dire che deve rimanere "culto" di pochi, ma di fronte ad una proposta musicale del genere molti potrebbero storcere il naso. Io che non sono uno a cui questo tipo di sound va giù facilmente ho davvero provato sorpresa ascoltando il primo lavoro in studio della band russa, uscito ormai sette anni orsono. Ogni composizione del lavoro è una complessa perla musicale, fatta di synth evocativi, tastiere, leggeri tocchi chitarristici, scream, chitarre. Mutevoli partizioni che si alternano in song dal lungo minutaggio, creando una sinfonia che alle orecchie di chi scrive risulta una delle cose più belle ascoltate da parecchio tempo a questa parte. Esempio lampante di tutte le caratteristiche su dette è "Last Season Purity":un gioco di echi e sfuriate, una song capace di catapultarci in un mondo a noi sconosciuto, un giardino incantato. Come non citare inoltre l'oscura "Mel Kor" dal nebuloso testo così come "Snowfall" marcato esempio del connubio tra il sound e quello che la natura rappresenta per i Forest Stream:il cantato si fa sofferente e le aperture melodiche a metà brano rendono questa song la più completa dell'intero disco.

Nonostante la band russa riprenda quà e là spunti da quei gruppi che hanno reso celebre il genere (vedi i primi My Dying Bride, i primi Katatonia e anche una certa influenza degli Opeth di Akerfeldt), i sei musicisti sono riusciti ad amalgamare varie componenti, riuscendo a plasmare un lavoro sorprendentemente convincente fatto di momenti pesanti e riflessioni intimiste. Il lato più "tormentato" della band viene fuori nei cinque minuti di "Whole" in cui il singer si cimenta con la clean vocal (meglio il suo scream a dir la verità). Quello che attira l'attenzione dell'ascoltatore è il tappeto sonoro su cui si muove la song: delle tastiere soltanto accennate, rievocano paesaggi ancestrali perfettamente connessi all'anima tormentata di cui parla il testo. Quello che però rende veramente Tears Of Mortal Solitude un grande album è l'uniformità delle tracce: tutte e 9 le composizioni sono vere e proprie perle e nessuna rimane fine a "se stessa", peccato che a volte in un album di questo tipo si trova. "Winter Solstice" e "Black Swans" sono la riprova del grande talento della band nel dar vita a song di difficile assimilazione, con cambi di tempo e d'atmosfera, ma che riescono comunque a trasmettere emozioni.

I Forest Stream rimangono una band poco conosciuta:la loro proposta musicale non li aiuta certo nel farsi conoscere, ma già da questo debutto hanno dimostrato la loro grande capacità compositiva. Un album intimista ed esistenziale, ancorato a quell'idea di liricità e romanticismo che ha reso grandi i My dying bride, ma assolutamente più violento nell'attitudine. Un esordio discografico di assoluto livello, che fa ben sperare per il futuro. Da avere.

1. "Autumn Elegy" (3:52)
2. "Legend" (8:07)
3. "Last Season Purity" (12:15)
4. "Snowfall" (9:55)
5. "Mel Kor" (8:50)
6. "Whole" (5:15)
7. "Black Swans" (10:33)
8. "Winter Solstice" (8:27)
9. "Steps Of Mankind" (1:34)

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