Domani ho la prova orale per l’esame di maturità quindi, secondo ragione, dovrei essere tra i libri ad annaspare; e invece no, perché è da tempo che mi sono posto in cuore di recensire questo bel dischetto e ora mi è venuta voglia di fare il mio dovere di buon missionario del metal.
Premetto che la band si è sciolta, dopo che si era messa a suonare un tipo di musica molto diversa da quella proposta in questo loro esordio e nel successivo, stupendo “The Curse Of Mankind”. Qui, invece, siamo proprio ancora all’alba del complesso (o meglio del duo) quando ancora i nostri suonavano una sorta di “Depressive” Black di stampo chiaramente Burzumiano; parlare di Black Depressivo è probabilmente un po’ esagerato, ma dato che definendolo “atmosferico” sarei potuto incorrere in interpretazioni erronee, preferisco definirlo così.
Anche parlare di Black è una forzatura, e quando pronuncio questo nome intendo riferirmi al primissimo Black, quello più influenzato dal Thrash e quindi più grezzo. L’influenza più evidente è quella del suddetto Burzum, che esattamente tre anni prima, nel 1991, esordiva con lo storico “Aske”: a partire dall’approccio stesso alla musica (la concezione di canzoni lunghe e a volte ripetitive ma estremamente emotive) e finendo con la voce ed il sound, non vi sono dubbi che questi due norvegesi abbiano continuato la strada del loro “illustre” compatriota.
Tuttavia questi ragazzi non si sono macchiati di crimini assortiti né hanno mai avuto a che fare con le brutte storie del Black dei primi anni novanta; con quell’ambiente condividono solo l’interesse per le tematiche legate al paganesimo e alla storia della loro terra. Se questo da un lato può non attirare quelli che più si fanno affascinare dalle turpi vicende personali degli artisti, dall’altro gioca a favore di Rune e Olav (questi i nomi dei due membri) che ne escono come musicisti più seri e integri. Ciò che mi è subito piaciuto di questo gruppo è proprio che non abusa dei cliché del genere, tralasciando tutto ciò che è apparenza per concentrarsi sulla sostanza, cosa che in un genere come il Black (e in quegli anni) non è da poco.
In verità, come già specificavo, i nostri di depressivo hanno ben poco e li ho catalogati così solo perché non esiste il “Black Malinconico”, forse la definizione che più gli calzerebbe. Di Burzum infatti non riprendono la disperazione e la torva misantropia, lasciano più spazio a sentimenti nostalgici tipici del Burzum più “dolce” (per esempio) dei pezzi strumentali. L’ obbiettivo è raggiunto tramite sonorità che (chissà per quale strano motivo) riescono a richiamare nella mente paesaggi e ambientazioni tipicamente nordici: il merito va ad un songwriting molto ispirato, che vede al centro delle partiture per chitarra eccellenti.
Anche le tirate più violente risultano gradevoli e accompagnate da melodie non piagnucolose ma nemmeno insulse, alternate a parti acustiche deliziose nella loro tristezza. Le linee di basso, così come quelle di chitarra, non sono molto difficili, ma è chiaro che la tecnica in un genere musicale come questo non serve a molto; anche da un riff estremamente semplice riescono a scaturire emozioni immediate e forti, senza portare alla devastazione interiore di complessi più propriamente Depressive (Leviathan in primis).
Le otto canzoni sono lunghe ballate, non prive di accelerazioni ma che preferiscono indugiare su struggenti divagazioni melodiche: su tutto, campeggia una voce non eccessivamente filtrata e a mio parere non eccezionale che però alla fin fine non guasta più di tanto il resto. Buona la produzione, un classico per i lavori di quel genere di quel periodo; grezza e glaciale per rendere il sound secco e tagliente ma non tanto sporca da confondere i suoni.
L’ unica cosa che non mi spinge a dare il massimo dei voti è il fatto che l’album, rispetto a quelli successivi, è un po’ immaturo, cosa che si nota soprattutto nella composizione che, per quanto già buona, successivamente sarà più curata. “As The Wolves Gather” risulta un disco molto buono, ricco di emozioni che possono essere condivise da tutti e non solo da chi vive situazioni particolarmente aspre: grande pregio del lavoro, questo, che lo rende appetibile ai fan del metal estremo e non.
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