Il power pop è "un sottogenere del pop-rock, che si caratterizza per l'utilizzo di melodie semplici ed essenziali ispirate ai gruppi anni '60, combinate con riff di chitarra abbastanza potenti e da una struttura ritmica tipiche dell'hard rock" (Wikipedia).

Il genere è quindi stretto parente del britpop che tanta fortuna ha portato a band quali Oasis, Verve, Blur e altre; se poi si considera che il termine è stato coniato nientemeno che da Pete Townshend, il legame si rafforza ancora di più. In pratica, il power pop è un brit pop suonato da band che non sono inglesi: è il caso degli americani Fountains of Wayne, da Williamstown, Massachuttes. La band guidata dal cantante e chitarrista Chris Collingwood, dopo un ottimo album di esordio ("Fountains of Wayne") seguito da un secondo lavoro datato 1996 ("Utopia parkway") che non ha mantenuto in pieno le aspettative, arriva in gran forma al terzo album, quello della maturità.

Già dalla open track "Mexican wine", che parla dell'indecisione che ogni sera si risolve nel tracannare vino messicano, si intuisce l'intenzione dei due songwriters, Collingwood e il bassista Adam Schlesinger (autore della canzone "That thing you do", tormentone del film "Music Graffiti" con Tom Hanks, se interessa a qualcuno) di realizzare canzoni pop-rock di presa immediata. Ma, a differenza dell'album precedente della band, la vena creativa sembra ritrovata, così come le melodie orecchiabili di canzoni come "Radiation vibe" o "Sink to the bottom", del primo album, mentre i testi continuano ad essere il punto di forza dei due compositori.

La seconda canzone, la divertente "Bright future in sales", avrebbe dovuto essere il primo singolo se non fosse stato per la parolaccia urlata nel ritornello ("I'm gonna get my shit together") che la rese antipatica a molte radio, e così il ruolo di primo singolo andò a "Stacy's mom", e per il successo strepitoso del brano forse è stato meglio così. Musicalmente ispirata ai Cars ed estremamente orecchiabile grazie alle armonie vocali di Schlesinger e del chitarrista Jody Porter, "Stacy's mom" racconta le fantasie di un adolescente sulla madre di una sua amica (una MILF per i fan di "American pie"). Si prosegue con la struggente ballata "Hackensack", una delle migliori dell'album, e con "No better place", omaggio a New York a cui presta la voce la cantante Jen Trynin. "Valley winter song" è una di quelle canzoni da incorniciare, in cui tutto è al posto giusto, perfetta per quelle serate invernali in cui non si può uscire per il freddo che fa e l'unico posto dove stare è sotto le coperte. La vena intimista del disco, abbastanza rara per un gruppo come i Fountains of Wayne, raggiunge il massimo risultato con "All kinds of time", una specie di "Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore" ma rivolta al football, che racconta cosa succede nella testa di un giovane quater back che sta per fare il passaggio decisivo.

La fin troppo oasisiana "Little red light" preannuncia le chitarre acustiche di "Hey Julie", il terzo singolo dopo "Stacy's mom" e "Mexican wine". La storia è classica: il mio lavoro fa schifo, il mio capo è un stronzo e veste in modo orribile, ma meno male che ci sei tu a salvarmi. La melodia però è irresistibile.

A questo punto, dopo nove canzoni di alto livello sia musicalmente che per quanto riguarda i testi, sarebbe stato più saggio fermarsi: le ballate "Halley's waitress" e "Fire island" non aggiungono niente di interessante a quanto già detto, così come i tentativi di ‘Gallagherizzazione' di Chris Collingwood in "Bought for a song" e "Supercollider" o l'esperimento da hit da spiaggia "Peace and love", non riuscito fino in fondo. I nostri rimediano quando Collingwood e Schlesinger decidono di cimentarsi nel country-rock puro, strizzando l'occhio agli Eagles con "Hung up on you", guidata dalla steel guitar dell'ospite Robert Randolph. Il lento di un minuto "Yours and mine" chiude un ottimo disco, una raccolta di storie e personaggi raccontate con lo stile inconfondibile del duo Collingwood-Schlesinger e suonate da una delle "migliori band pop-rock passate quasi inosservate" degli ultimi anni.

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