Gran etichetta la Motiv Communications, un catalogo di prim'ordine, tutta "robaccia" anni luce avanti tra musica, grafica e verve futuristica con i suoi interpreti: Blissed Out Fatalists, Steaming Coils, Ethyl Meatplow, Doubting Thomas e questi Fourwaycross.
Il gruppo di Los Angeles affastella diluvi di varia densità in questo lavoro (del 1986) che ci lascia a bocca aperta per una modernità definitiva nell'abbracciare in maniera gnostica e dinamica gli effluvi di eterni ritorni convertiti in suoni di umori immediati e impersonali. Il "crocicchio" simbolicamente di per sé sonda la quintessenza dell'ogni dove e la sfida nel proporlo in queste arie è vinta nella sua gloria effimera. Tutto precipita sgretolandosi su ombre di altari passati che risplendono la magnificenza di componimenti in assenza di pensieri.
Ambient, industrial, underground, ecletticità, rumori, flauti magici, si babelizzano in tutte le dimensioni con una demenza logica che lascia sospesi in un'inquietudine colta. Allo scoccare di qualche ascolto la scintilla accende all'improvviso la concretezza di questo lavorìo negli interstizi di variazioni che ci aprono a impensabili piaceri.
Il sufficiente accostamento della similitudine della voce di Tom Dolan con quella di Ian Curtis lascia il tempo che trova, dove le trame esistenziali nel pentagramma qui presente differiscono totalmente dai capolavori europei. Al posto del dark gotico introspettivo del gruppo di Manchester, troviamo un suono cosmico industriale variegato di psichismo attivo dove la frontiera del nuovo mondo frattalizza le vibrazioni rispetto a quelle prodotte in terra d'Albione, influenzate dalla pesantezza della storia europea.
La brillantezza cinico cinetica viene a galla prepotentemente dall'ensemble, affiatatissimo nel dipanare percorsi impervi ma ipnotizzanti nell'interesse occulto solleticato, dove l'elemento trance astrale è solido nelle sue percussioni metalliche interpretate superlativamente da Biff Sanders e da echi, smorfie, riflessi, riverberi recuperati da zone invisibili e disturbanti nella loro materica misconoscenza. Il risultato d'insieme epura sentimenti ingannevoli ed è sinceramente aggregante, cruento nel passare direttamente all'atto, risparmiandoci la menzogna dell'azione.
Si muovono anime con questo rock trasfigurato ed il corpo obbedisce, non disturbando con le sue vanità, scarrozzandoci per questi lidi che "riempiono il cielo" di una freschezza inconsueta. C'è una sospensione tangibile che, attraverso una resa sonora "rumorosamente" presente, condita da eclettico rock, ci stupisce nel suo proiettarsi in una nube alchemica dove riusciamo a scorgere la parte nascosta dell'iceberg nel clangore dell'esuberanza partorita.
Un disco oserei dire sperimentale schietto ma pericolosamente magnanimo nell'usufrutto, che ancora oggi si mantiene nel divenire.
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